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Liebster award… sono stata nominata!

Calma Simoncina, calma
unn’è successo nulla

oddio, devo ammettere che il messaggio di Laura, di http://naturamentebio.wordpress.com, che mi comunicava di avermi segnalato al Liebster Award, mi ha fatto piacere
anche perché è buffo questo mondo dei blog
te leggi saltellando qua e là, nella speranza di trovarne uno  interessante (a me piacciono quelli che vanno sul personale, i diari veri insomma, ironici o seri non importa, e anche quelli di cucina, mentre non sopporto proprio i blog che commentano le notizie di cronaca o quelli che fanno pubblicità a vestiti e cosmetici)
quando ne trovi uno leggi avidamente, apprezzi le foto, ti immagini chi c’è dietro a quei racconti ma in realtà non lo sai, non c’è un vero scambio diretto
non ci si conosce, a parte qualche raro caso
ma è un po’ come guardare dalla finestra nelle case altrui senza che l’occupante sappia che tu sei là dietro, anche se è stato lui, in fondo, a lasciare aperte le imposte
insomma, ora non vorrei far proprio la figura del voyeur (anche perché dovrei definirmi voyeuse e non mi garba)

Il mio mondo ideale sarebbe con i blog di tutte le mie amiche sparse per il mondo

La mattina aprirei le loro finestre, darei loro il buongiorno, una sbirciatina e via

E loro farebbero lo stesso con me, ovvio

Anche gli amici maschi, ovvio

Vabbe’, torniamo a noi

Allora, che è successo?
Laura (che non conosco, ma della quale seguo il blog che ritengo interessante, ben scritto e che fa anche ridere) mi segnala di avermi nominato in questo contest

Vado a vedere sulla sua bacheca, e anche un po’ a giro su internet, e scopro che il Liebster Award sarebbe “una consuetudine in voga da qualche tempo (nata forse in Germania) per far conoscere blog giovani e con un numero ancora limitato di followers; una sorta di passaparola, una catena di Sant’Antonio senza fini di spamming ma con l’obiettivo di aiutare i piccoli blog a conquistare nuovi fan”

Le regole sono queste :

1) ringraziare chi ci ha conferito il premio, rinviando con un link al suo blog;

2) scegliere 5 blog con meno di 200 lettori a cui assegnare il premio e lasciare un commento sui loro blog per informarli della “nomination”;

3) condividere con i lettori 11 cose di sé che non sono ancora note.

******

Allora io mi prendo delle libertà

Siccome su altri post ho visto che di blog se ne dovevano segnalare 11 io sto nel mezzo e ne segnalo sette

Qualcuno è di amiche, altri di persone assolutamente sconosciute

cito

http://lagiulina.blogspot.it

Schietta e ironica, divertente. È da un po’ che non ci scrive, ma magari le torna la voglia

http://gelateriesconsacrate.blogspot.it/

Coraggiosa, profonda, vera. Anche questo sembra un po’ abbandonato da qualche mese. Speriamo, va’

https://ilcasononesiste.wordpress.com/

Scoperto per caso, ehm,  va bene che posso dire? È andata così. .. bei racconti con parole e immagini

https://valewanda.wordpress.com/

Non conosco nemmeno questa blogger ma i suoi post mi son piaciuti

http://cobrizoperla.blogspot.it/

Ho conosciuto prima il blog,  e dopo, mooooolto dopo, lei. E merita, credetemi

https://raffaellasarracino.wordpress.com/

Anche lei è da un po’ che non scrive. Peccato. Anche perché se non ricordo male questo blog glielo ho fatto aprire io 🙂

http://blog.libero.it/surfinia09/

Che dire di lei? La mia maestra invisibile di blog. Quella che commenta ogni post, dà un riscontro a qualsiasi cosa scriva, anche quando non te lo aspetti proprio. Insomma, lei c’è sempre

(Ne aggiungerei un altro, in corner.  Scusate se mi allargo, ma anche questo fa morir dal ridere ed è pure intelligente. Lei, cioè,  la blogger http://tuttoquestoalicenonlosa.wordpress.com)

Ecco qua

Fatte le mie belle segnalazioni, e ora dovrò ricordarmi di avvisarle una a una (toh, son tutte donne….) potrei anche essere incappata in qualche gaffe…

Chi mi dice che questi blog non abbiano più di 200 followers?  Eh, chi me lo dice?

Per dire, ci sarebbe stato anche Http://memoriediunavagina.wordpress.com. ma lei ne avrà migliaia di fan. Credo

Vabbe’

Come segnalazioni e ringraziamenti ci siamo

(Scusate, scusate, vorrei segnalarne altri due. Che ci posso fare?

http://pedrinicantastorie.wordpress.com

Questo è un ragazzo, ha scritto un post sulla morte del suo gatto che ci ha fatto piangere tutte come fontane

http://la stanza del traduttore.com

Autori vari, i traduttori descrivono la stanza in cui lavorano. Bello. Molto)

Così alla fine ne ho segnalati undici e chi s’è visto s’è visto

Ora veniamo alla parte più difficile

11 cose che non si sanno di me

(Non interesserà a nessuno, ma è un gioco via)

1 – Il primo di ogni mese pago l’affitto di casa e corro in edicola a comprare Julia,  il fumetto

2 – dopo una vita a sognare di trasferirmi a new York ora sogno parigi (son sogni, appunto)

3 – non sopporto il rumore inutile, gratuito, la gente che parla a voce alta, la musica invadente

4 –  vivo nel disordine pensando ogni giorno, domani metto a posto

5 – mangerei sempre cioccolata al latte se non ci fosse la maledizione del mal di testa

6 – ho un sacco di idee (nuove)e pian piano le realizzo, anche

7 – amo le vacanze natura, odio gli alberghi e i ristoranti degli alberghi

8 – il mio sogno più sogno, più di new York e parigi, è trasferirmi alle Hawaii

9 –  ho un trascorso adolescenziale di salame, cioccolata e brufoli

10 – fare le valigie, all’andata,  mi distrugge

11 – mi aspetto sempre delle sorprese. Belle, ovvio. E qualche volte arrivano

Come questa

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Chi è Charlie? Obiettivo raggiunto

Sì,  direi proprio che l’obiettivo del concorso per blogger e giornalisti “Chi è Charlie?” è stato raggiunto

Quello che mi interessava era consegnare i miei quattro Charliehebdo comprati a Parigi a chi interessassero veramente
Per questo mi è venuta l’idea di stanare i possibili vincitori con un concorso di scrittura

È stato un contest un po’ così,  lanciato fra pochi intimi, con inviti un po’ pasticciati,  indirizzati anche a chi non interessava affatto (come sempre capita, peraltro)
Probabilmente sono rimasti fuori altri che avrebbero partecipato volentieri

Fatto sta che avrei potuto fare di meglio

La cosa però è stata interessante e sicuramente rappresenta un’occasione per un buon esercizio di scrittura e di riflessione

Allora ho pensato di trasformare un concorso occasionale in un appuntamento più o meno fisso

Troveremo altri argomenti e chiederemo interventi a chi ha voglia di scrivere e di mettersi in gioco

Al “Chi è Charlie?” sono arrivati in tutto sette articoli, uno anche fuori tempo massimo

Per me, anche se l’adesione è stata bassa, è stata però una bella soddisfazione

Per tanti motivi

Perché sono state scritte delle cose belle e interessanti

Perché hanno partecipato anche persone che scrivono raramente “in pubblico”

Perché chi ha scritto mi ha fatto una bella sorpresa in ogni caso

Perché si sono messe in contatto persone che prima non si conoscevano

Alla fine è stato un po’ come essersi trovati a cena a un grande tavolo, in undici, i sette concorrenti e i quattro della giuria, a parlare di un argomento che interessava tutti

E chissà che una volta o l’altra non ci troviamo davvero tutti intorno a un tavolo a bere, mangiare e discutere

La mia disorganizzazione oltre che negli inviti si è vista anche nella pubblicazione

Anche lì un bel caos fra i miei blog e la bacheca facebook

Prometto che cercherò di fare di meglio

Aprirò un blog apposito in cui inserirò i post di Charlie, anche i due finora non pubblicati se gli autori mi daranno l’ok,  e dove troveranno il loro spazio tutti i contributi del futuro

Sarà un blog, me lo auguro, in cui si leggeranno opinioni originali e qualificate sui fatti che accadono, sugli argomenti più interessanti e spinosi dell’attualità

Fatemi proposte, intervenite,  partecipate

Facciamone un laboratorio, un’officina del pensiero

Son sicura che ci divertiremo e ne verrà fuori anche qualcosa di buono

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chi è Charlie?

Chi è Charlie?
Ve lo siete chiesti quando avete visto il passaggio del corteo commemorativo, mentre a Parigi si cantava tra i lucciconi “Bella Ciao”?
Una strage è un dramma, sempre. E chi uccide è un criminale, sempre. Giusto? Per me sì, ma quando vedo quelle facce contrite che sfilano e che inneggiano al sacrosanto diritto di opinione, quasi all’offesa, e si abbracciano e si stringono l’un l’altro – parlo dei Capi di Stato – contriti ma fieri, commossi ma impassibili, vengo assalito dalle istamine rilasciate dal fegato e divento preda di un’allergia pruriginosa che il medico definisce: overdose di ipocrisia.
Li guardo alla Tv e li immagino, 5 minuti prima della strage. Magari erano al telefono a programmare nuove “missioni di pace”, ad acquistare nuovi droni per le “operazioni chirurgiche” in Paesi altrui. Magari stavano cercando un altro Saddam o un altro Osama da addestrare e da lanciare contro i dittatori di turno in terra islamica, per combattere quell’Isis che contro questi signori avevamo armato fino ai denti. Magari li hanno anche trovati in quei curdi che negli anni Ottanta erano buoni, poi sono diventati cattivi e da qualche tempo, d’improvviso, sono tornati buoni.
C’è strage e strage e poco importa degli atti ignominiosi che si riesce a far commettere in nome dell’equilibrio mondiale. Si può uccidere e morire da eroi o da criminali, confine sottile che abbiamo sempre la pretesa di stabilire noi.
Nel “dopo Charlie” la retorica dell’Occidente inneggia alla libertà di satira.
Avrei voluto vedere cosa avrebbero detto, prima della strage, di quella vignetta di Charlie con la Santissima Trinità che diventa un trenino porno, dove l’uno e trino si riassume in una catena di penetrazioni anali: il Padre è sodomizzato dal figlio che, a sua volta, riceve lo stesso omaggio dallo Spirito Santo. Chissà quanti difensori del diritto d’opinione troverei se domani pubblicassi una vignetta con la Merkel che pratica la fellatio a Hollande mentre si fa sodomizzare da Papa Bergoglio.
Fino alla strage, per noi, Charlie era sempre e solo… Charlie Brown. Presto tornerà ad essere l’unico Charlie del nostro immaginario collettivo.
David Taddei
Poggibonsi (Siena)

(menzione speciale della giuria al concorso “Chi è Charlie?”)

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la matita spezzata

Putin tiene in mano una matita. È spezzata. L’ha rotta durante il vertice dell’11 febbraio, un braccio di ferro estenuante tra le potenze mondiali che determinerà il prossimo futuro. Il primo piano del presidente russo con il volto teso e la matita rotta tra le mani, a mio parere, rappresenta questi primi due mesi difficili del 2015. La matita è tornata subito alla ribalta come simbolo della libertà di espressione.
Una libertà che di colpo abbiamo capito non essere illimitata e priva di conseguenze quando, il 7 gennaio scorso, la redazione dello Charlie Hebdo è stata trasformata in un mattatoio. Ma più passano i giorni, più la matita diventa la raffigurazione del problema di base: l’incapacità di comunicare, la travisazione di parole e intenti più o meno consapevole e voluta. Non comunicano mondo occidentale e islamico, Europa e Russia, America Europa e Russia e non ci si capisce nemmeno tra Stati europei.
Le incomprensioni e le divisioni diventano terreno fertile per chi ha interesse a fomentare guerre per vendere armi e impossessarsi dei beni altrui. La matita spezzata è diventata l’emblema del presente. È stata fatta a pezzi dai kalašnikov dei terroristi che hanno massacrato i vignettisti di Charlie Hebdo per gridare al mondo la divisione tra occidente e mondo islamico, ed è stata fatta a pezzi dalle mani dei uno degli uomini più potenti del pianeta, mentre l’Ucraina sanguina e Obama freme.
Se con gli attentati dell’11 settembre 2001 è stato colpito il cuore dell’economia mondiale, il 7 gennaio 2015 è stato violato il simbolo della libertà d’espressione in quella Francia in cui la parola “libertà” ha storicamente un significato molto profondo. A chi vuole riportare equilibrio e pace resta il duro compito di ricomporre queste matite azzeccando l’adesivo più adatto.
Martina Gris
Feltre (Belluno)

(primo premio ex aequo con 18/20 voti al concorso per blogger “Chi è Charlie?”)

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poniamoci delle domande

Commentando i fatti di Parigi di gennaio Moni Ovadia ha ricordato come il nazismo sia nato puntando il dito contro un popolo intero (Effe, 21 gennaio 2015, pag.14).
Un brivido mi percorre quando leggo queste parole e ripenso all’immagine che gira sui social network di musulmani con un cartello in mano: #not in my name.
Penso al mio amico musulmano: un ragazzo educato, che pratica fedelmente la sua spiritualità e dialoga sulla vita, cercando valori da condividere e non parole che allontanano. Gliel’ho chiesto cosa dice il Corano in merito alla violenza e lui mi ha risposto citandomene un verso: chi uccide un uomo uccide l’intera umanità.
L’ho visto con i miei occhi partecipare a incontro interreligioso, aspettare silenzioso la fine di una preghiera non sua, seguire rispettosamente sul libretto della liturgia che gli ho regalato, parole per lui estranee. Lui me l’ha spiegato: l’Islam non ha a che vedere con l’integralismo e l’omicidio; chi ci scivola è vittima della sua stessa ignoranza, incapace di cogliere il senso profondo del messaggio del profeta.
Ho letto una definizione della differenza tra idelogia e filosofia: la prima, statica, è spesso anticamera di fanatismo; la seconda, invece, comincia quando ci poniamo delle domande (Qualunque fiore tu sia sboccerai, Daisaku Ikeda e Lou Marinoff, Piemme, pag. 17). Infine ripenso a un vecchio film in cui Totò, a capo di un manipolo di soldati, si oppone a un generale nazista che gli ordina un massacro, con queste parole: “Sono un soldato, non un assassino”. Cristiani, musulmani, induisti, ebrei, buddisti… e tutti gli agnostici del mondo… poniamoci delle domande.

Barbara Amoroso
Colle Val d’Elsa (Siena)

(primo posto ex aequo con 18/20 voti al concorso per blogger “Chi è Charlie?”)

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siamo davvero tutti Charlie?

E un giorno ci siamo ritrovati tutti Charlie. Anzi, Sciarlì, alla francese. Anche quelli che l’unico rapporto che hanno avuto con la Francia risale a Berlino 2006, e insultavano Les Bleus, con i loro idoli in Italia, l’algerino Zidane o il senegalese Vieira. Ora tutti schierati, tutti francesi, tutti Charlie; pochi conoscevano Charlie Hebdo fino a quel giorno. Poi è diventato un simbolo. Di libertà. Di ribellione. Di fanatismo.
#jesuischarliehebdo campeggiava su tutti i profili social, pure su quelli di chi “Santoro fa il comunista in Rai con i soldi delle mie tasse” o “devono legnare i leghisti che fanno passeggiare i porci dove devono sorgere le moschee”. Tutti, improvvisamente, paladini della libertà di stampa, di satira.
Perchè non hanno mai visto le vignette, perchè qui per loro si tratta di difendere l’Occidente contro la violenza dei fanatici. Quanti, vedendo le vignette contro il Papa, contro il cristianesimo, avrebbero ancora la forza di dirsi Charlie? La libertà di satira è sacra…fino a quando non tocchi le mie convinzioni. Siamo tutti Charlie, ma noi non siamo i 12 morti. Non abbiamo scelto di mettere nel mirino tutti gli aspetti della vita degli altri: politica, sociale, religiosa. Non siamo neanche Ahmed: poliziotto e musulmano? In tempi di anti-Stato e anti-Islam è la scelta sbagliata. Siamo Charlie per non essere i fratelli Kouachi.
Ma loro hanno già vinto: ci siamo divisi, troppi Charlie non accettano le posizioni di chi, viste le vignette di critica all’occidente, non riesce a sentirsi Monsieur Hebdo. E’ in questo muro contro muro, nell’assenza di dialogo, che si insinua il fanatismo: islamico, cristiano, religioso, politico. Dobbiamo smettere di “essere” Charlie, dobbiamo “fare” Charlie. E’ troppo facile fare Charlie Hebdo con le matite degli altri.
Daniele Dalvit
Belluno

(secondo posto con 17/20 voti al concorso “Chi è Charlie?”)

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L’Orage sur Paris

September 11th… Seven-Seven… Due date, due giorni bui. Le Torri Gemelle. Le bombe di Londra. E alla lista purtroppo da quest’anno si aggiunge Sept Janvier, la tempesta su Charlie Hebdo, con il suo carico di terrore, contraddizioni, domande.
L’11 settembre e il 7 luglio ero a Londra. Vivendo lì per 14 anni, tra pezzi per Io Donna Corriere della Sera e D, La Repubblica delle donne, la mia nuova famiglia, la formazione per l’insegnamento, l’uscita del mio terzo libro , ho incontrato amici afghani e pakistani, un mondo di diversità e domande. E strade invase di polizia, tra noi consapevoli di essere ogni giorno nel mirino, in un luogo cruciale. Dall’IRA ai jihadisti, Londra conosce bene la violenza.
Ma Parigi non ce l’aspettavamo. Forse è la sintesi di tutto, della non-libertà di stampa, di contrasti sociali e culturali mai risolti, che, in Europa come altrove, possono essere portatori di guerra. Di violenza. Di intolleranza. Nodi che esistono ovunque, in Italia come in Germania, nel Regno Unito come in Francia, appunto. Nodi venuti al pettine il 7 gennaio. Drammaticamente. L’orage sur Paris. Una vignetta di troppo e qualcosa è scattato, cupo e ostile. A toglierci l’illusione che l’integrazione esista, che il dialogo stia portando a qualcosa. Così paghiamo l’ ottimismo prematuro, che ci faceva credere che le distanze potessero colmarsi da un giorno all’altro, che le differenze svanissero in un grande abbraccio fraterno. Che purtroppo ancora non c’è. Resta tanta, tanta strada da fare e la violenza non è mai, mai una risposta. Disoccupazione, diseguaglianze sociali, inquietudini, domande, intolleranza, contrasti, nervosismo. Charlie Hebdo ha pagato per tutti, provando che non siamo ancora pronti per un’ Europa davvero multiculturale. E’ un innegabile dato di fatto.
Annalisa Coppolaro
Murlo (Siena)

(secondo posto ex aequo con 17/20 voti al concorso “Chi è Charlie?”)

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