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Onorevole, scusi, me la canta La Montanara?

Proprio in questi giorni, ma nel 2009, moderavo un incontro politico un po’ particolare.
Premetto. Non amo fare la moderatrice politica e non amo le frasi fatte e vuote di significato che, a mio parere, in genere vengono pronunciate in quelle occasioni. Mi pare una recita senza senso. Infatti nella mia vita ne ho fatte solo due, una a Colle, nel secolo scorso, l’altra a Belluno, undici anni fa, appunto.
Fu un’amica a insistere molto, nonostante la mia (motivata) ritrosia. “Viene una persona speciale, ci piacerebbe che la presentassi proprio te”. Ma perché, mi chiedevo io. Insisti insisti, alla fine non riuscii a dire di no.
L’incontro era con Debora Serracchiani, che al tempo era la freschissima militante balzata agli onori della cronaca per un discorso particolarmente accorato e critico alla dirigenza Pd dell’era Franceschini. Con lei ci sarebbero stati Laura Puppato, all’epoca sindaco di Montebelluna, e Sergio Reolon, presidente (oggi scomparso) della Provincia di Belluno.
Una volta presa in trappola non mi rimaneva che studiare e prepararmi al meglio per la presentazione dei personaggi. L’obiettivo, naturalmente, era quello di convincere i bellunesi a votare Serracchiani e Puppato in Europa. Sondai la rete e gli archivi del giornale alla ricerca di particolari che mi facessero capire qualcosa delle due candidate e su quali caratteristiche puntare.
In quel periodo seguivo molto le interviste barbariche e il mio modello era Daria Bignardi più che Lilli Gruber. Trovai alcuni particolari, anche simpatici, che ritenni di poter utilizzare per umanizzare le candidate al di là dell’immagine strettamente politica.
Non ricordo bene che cosa trovai riguardo alla Serracchiani, ma qualcosa di insolito venne fuori. E forse, ma non ne sono in realtà molto convinta, contribuì ad avvicinare i bellunesi un po’ anche a lei. Il suo seggio comunque lo ottenne.
Da un’intervista della Puppato invece scoprii che fra le sue passioni c’erano le passeggiate in montagna e il canto. Bene, le avrei usate per far pesare un po’ meno la sua trevigianità (i bellunesi sanno bene di cosa parlo).
Alla fine dell’incontro, prima dei saluti, senza alcun preavviso, le porsi dunque il testo della Montanara, chiedendole se se la sentiva di cantarla.
Fu un po’ un salto nel vuoto. Ma lei disse di sì. Si alzò e cominciò a intonare. “La su per le montagne, fra boschi e valli d’or”. A quel punto si alzarono tutti e si unirono al canto.
Alla fine anche lei ebbe il suo seggio in Europa. Non so se dipese dal canto o da altro.
So per certo invece che da allora nessuno si è mai più sognato di propormi la moderazione di un incontro politico.

Poi ci fu l’episodio dei capelli. Avevo chiesto a un parrucchiere se poteva farmi una piega anche se era lunedì. Lui disse di sì, ma perché pensava che il mio interesse non fosse in realtà la pettinatura. Era convinto che fosse solo una scusa per fare l’amore. Mi disse.
Così arrivai a moderare l’incontro con i capelli crespi come se avessi preso la scossa, nervosa per il fraintendimento e stremata per la fatica di respingere le avance. Ma questa è già un’altra storia.

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cronache da una città anestetizzata

“Parla del tuo villaggio e parlerai del mondo”
Lev Tolstoj

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torno da Parigi un lunedì mattina e dopo una doccia e un pranzo veloce vado al lavoro
passando da piazza Duomo vedo che finalmente è stata chiusa la pista di pattinaggio
finalmente la smobiliteranno
siamo in pieno centro storico, la piazza è centrale, antica, ricoperta di porfido
mi sembra superfluo spiegare il perché, finalmente
è il 19 gennaio

finito il breve viaggio, la routine riprende il sopravvento
casa, lavoro, casa
attraverso piazza Duomo due volte al giorno e la pista da pattinaggio è sempre là
una volta di notte sento un gran rullare di motori
forse la stanno smontando
il mattino dopo ci sono dei camion, operai che lavorano
finalmente

dopo alcuni giorni qualcosa è cambiato
sono spariti i capannini di legno, è stato tolto lo strato di ghiaccio ma rimane la pista di sabbia, con intorno i mucchi di neve e alcuni sacchi di plastica nera

il 6 febbraio pubblico la foto su facebook con un commento ironico
“Mica male… una discarica in piazza Duomo! Quantomeno è un’idea originale. Innovativa, direi”

Qualcuno commenta anche
allora la cosa interessa…

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il 9 febbraio torno alla carica
ormai è una questione di principio
“No, non è sempre la stessa foto. È sempre la stessa piazza. Una discarica cioè”

“taggo” anche il sindaco e l’assessore tabacchi

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Il giorno dopo, 10 febbraio, cambia ancora qualcosa

“Dopo 23 giorni qualcuno si è accorto della discarica e ha fatto togliere i sacchi neri e l’immondizia. .. certo rimane la sabbia ma non si può pretendere tutto e subito. Intanto anche il PD si è svegliato e ha indetto una conferenza stampa proprio per oggi e proprio lì davanti… ah per chi non lo sapesse il luogo si chiama piazza duomo e si trova a Belluno, la città della qualità della vita”

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l’11 febbraio esce l’articolo sulla stampa
soprattutto sul Gazzettino, il giornale per cui lavoro, mentre nei giorni precedenti il caso aveva avuto risonanza sulle tv locali

ricapitolando
la pista di sabbia è sempre lì
il sindaco ha spiegato che è ghiacciata e che toglierla ora causerebbe la distruzione del porfido
Restiamo in attesa del disgelo
magari il prossimo anno pensiamoci un pochino visto che quassù il gelo d’inverno è abbastanza normale

Però rifletto
È stato necessario pubblicare una foto su facebook perché il sindaco facesse togliere i sacchi neri di plastica (precisando che non era immondizia, ma la guaina)
È stato necessario anche perché l’opposizione notasse ciò che aveva davanti agli occhi ormai da giorni e convocasse una conferenza stampa per denunciare la situazione

“E’ tutto normale” avevano risposto in Comune a una giornalista del Gazzettino la settimana prima

per chi non lo sapesse
piazza Duomo a Belluno è il cuore della città
Vi si arriva con le scale mobili del posteggio di Lambioi
ci sono il Comune, la Prefettura, la Provincia
poco più avanti le Poste

Possibile che si siano già tutti abituati?
E intanto i giorni sono 24…

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Niente case in affitto nel villaggio di Heidi

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Questo è l’articolo vincitore dell’edizione 2011 del Premio Paolo Rizzi
(ma a me piace più l’altro, “nessuno straniero a Vich”)

Il tempo sembra quasi non passare a Vich. Qui, nella frazioncina di Ponte nelle Alpi, Belluno, alle pendici del Nevegal, la vita scorre ancora come una volta. Il paesello, nemmeno cento abitanti e quasi tutti del posto, cammina controcorrente. Vich non è certo montagna, l’altezza è collinare, 460 metri. Ma nessuno lamenta spopolamento. Anzi. In un paese in cui ci sono giusto un bar, la latteria sociale e la chiesa, ogni famiglia abita ancora nella casa di sempre. «È anche questo il motivo per cui da noi non ci sono extracomunitari, non ci sono appartamenti da affittare – spiega il capo frazione Paolo Sintonia – ci sono alcuni siciliani e sardi, gente di altri paesi veneti. Ma per lo più siamo tutti del posto». Ma a Vich, in fondo, non piace dare le case in affitto, «parché el paès l’è unì». «Qua vicino a Buscole – racconta una signora che preferisce non dirci il suo nome – hanno affittato un appartamento a una coppia di cinesi. Pensavano ci stessero in due persone, e invece alla fine ce ne giravano sessanta».Attraversi il paese, 91 anime all’anagrafe, e tutti salutano sorridendo. «Certo, siamo ospitali, ce lo riconoscono in molti – continua – anche se un po’ di diffidenza verso chi viene da fuori ci può stare». Sintonia è capo frazione da due anni. «Ma non è un incarico politico – ci tiene a precisare – anche se è molto impegnativo». A proposito di politica, ma non è che a Vich non ci sono extracomunitari perché siete un po’ leghisti? «No no, qui la Lega non attacca. E nemmeno il razzismo. Anzi, per tradizione siamo comunisti». «Ma non è mica solo un caso di Vich, questo degli extracomunitari – interviene il geometra Luigi Bernard – accade lo stesso su tutti i Coi de Pera, a Cugnan, Losego, Quantin». Il pane arriva ogni giorno dall’Alpago su un furgoncino. Ognuno ritira il suo sacchetto dalla cesta rossa davanti alla latteria quando può. Due volte a settimana passa il camioncino degli alimentari. C’è un solo bus per Ponte nelle Alpi, secondo gli orari della scuola. E il martedì mattina una navetta comunale attraversa i Coi de Pera per accompagnare gli anziani a far commissioni. Sarebbe facile lamentarsi che a Vich non c’è niente da fare. «Abbiamo un sacco di iniziative – dice invece il capo frazione – la crostolada a primavera, il pagarosto in estate. È un vecchio gioco, un po’ come le bocce, che si gioca in esterno, sui campi. Molto divertente». Ogni lunedì le donne si riuniscono nell’antica latteria, oggi centro di aggregazione, e decidono il da farsi. Hanno appena realizzato un presepe con il granturco, personaggi con le pannocchie, stella cometa con i chicchi di mais. Ogni anno cambia il tema. Nel 2001 ci fu il crollo delle due torri e fra i personaggi c’erano anche Bush e Bin Laden. Sulle porte di casa ci sono le chiavi. Nessuno sembra preoccuparsi dei ladri. «Ricordo due o tre furti ma di tanto tempo fa – dice Sintonia -. Ma continuo a raccomandare a mia madre di non lasciare la porta aperta quando esce, che non si sa mai». Il sogno di una vita a misura d’uomo viene infranto ogni tanto dalle macchine che sfrecciano a tutta velocità lungo la strada che taglia il centro di Vich, ignorando il cartello luminoso che fissa il limite a 30 kilometri orari. Sono i turisti che scendono dal Nevegal e hanno fretta di raggiungere il vicino casello autostradale. Ma basta leggere il cartello affisso dal Comune in piazzetta, “vietato lordare”, per rituffarsi nell’atmosfera senza tempo del paesello pontalpino.
GAZZETTINO
Data 09-01-2011
Edizione PG
Pagina 15

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cambio di stagione

allora, facciamo così. io lo scrivo, almeno dopo non ho più scuse.
oggi è domenica, ho quasi tutta la giornata libera, fuori splende il sole e l’aria è frizzantina. ma io starò a casa a fare il cambio di stagione.
uff, mi fa fatica solo a scriverlo…
anche perché son settimane che rimando, ormai. e ho già una sfilza di scuse pronte all’uso.
una, per esempio, è che a Belluno non importa fare il cambio di stagione, l’estate dura meno di un mese. basta tirar fuori qualcosa di leggero al’occorrenza e passato il caldo metterla via.

il problema a dire il vero non è proprio stagionale. è più del tipo che devo togliere un sacco di roba inutile.
quando sarà stato che ho fatto l’ultimo cambio vero, quello che togli le cose da inverno e, deciso che certe non le userai mai più le regali, le butti, le vendi, insomma via, fuori dal mio armadio!
non me lo ricordo mica…
e intanto maglioncini, magliette, pantaloni, vestiti, scarpe, scarponcini, stivali e sandali si accumulano negli scaffali.
poi cambiano le mode, il maglioncino si allunga, si alza la vita dei pantaloni, cambia la taglia. insomma alla fine rimane solo qualche vestito giusto da cercare in una montagna di abiti che per una ragione o per l’altra non usi più. ed è anche un problema trovarlo…
ecco soprattutto per questo non posso più rimandare. e oggi la mia fatica sarà scegliere i capi da mettere in cantina, da regalare, da vendere, da buttare, senza inutili ripensamenti.

vabbè dai, Simo, che sarà mai… ce la puoi fare

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la casa di D’Annunzio

il giro sul lago di Garda mi ha fatto tornare in mente un episodio di qualche anno fa. era l’aprile del 2003, se non ricordo male.
da meno di un anno curavo una pagina settimanale sul Gazzettino di Belluno interamente dedicata agli alpini. nell’ambiente delle penne nere era diventato un piccolo caso, anche perché nessun altro quotidiano aveva mai fatto altrettanto

chiariamo, non era stata un’idea mia. diciamo che era una necessità del giornale e che fu affidata a me, in quanto come ultima arrivata non avevo un mio settore da seguire.

nell’aprile 2003 fui dunque invitata a intervenire all’annuale convegno itinerante della stampa alpina che quell’anno si teneva a Gardone Riviera, nel Vittoriale.
inutile dire, almeno per chi mi conosce, che dissi subito di no. alla fine mi convinsero, al giornale la cosa andava bene e quindi in un mattino di sole partii con la mia auto alla volta del lago di Garda.

per la strada il presidente degli alpini bellunesi mi chiamò diverse volte per chiedermi a che punto fossi.
“Mi raccomando, guarda di esserci per le tre, che il tuo intervento è fra i primi”. “Ok, tranquillo”.

“Simona, dove sei?” “A Riva, ormai sono arrivata (non era affatto vero, ma ancora non lo sapevo)”

“Appena ci sei vai al Grand Hotel, mangia qualcosa e sali al Vittoriale”

alla fine arrivai, seguii le loro indicazioni, precisissime. avevo perfino un cameriere dedicato che mi servì, in ritardo visto che gli altri erano già andati via, il mio pranzo personale, nonostante insistessi a dire basta così, grazie.

presi la cartellina con il testo del mio intervento e le raccolte delle pagine degli alpini uscite fino ad allora che avrei lasciato in dono, e salii le scalinate del Vittoriale

all’ingresso c’erano alcuni alpini che mi invitarono a mettere giacca e borsa nel guardaroba.
mi tenni la cartellina e loro mi dissero di lasciare anche quella.
“ma mi serve per l’intervento….” provai a protestare
“si si, tranquilla. c’è tempo per tutto” mi dissero

solo dopo, ripensandoci, capii che l’avevano detto con un’aria anche un po’ troppo condiscendente

fu però solo quando mi scortarono davanti all’ingresso della casa di D’Annunzio, dove c’erano altre donne in fila, che capii in un lampo che cosa era successo
mi avevano scambiato per una delle mogli degli alpini, magari, avranno pensato, anche un po’ fuori con la testa visto che era convinta di dover perfino parlare ad una riunione, e mi avevano accompagnato nel percorso riservato alle signore per intrattenerle mentre i mariti erano impegnati

appena realizzai questo pensiero giunse un’altra telefonata del presidente. “Simona, ma dove sei? sbrigati che fra poco tocca a te”
abbandonai la fila e di corsa tornai all’ingresso.
“datemi la cartella, per favore, che devo scappare”. probabilmente il mio tono non ammetteva repliche, perché non ce ne furono

con il telefono cellulare all’orecchio mi feci guidare nella sala dove tutti mi attendevano, quella con l’aereo appeso al soffitto
non riuscivano a capire perché ci avessi messo tanto ad arrivare. potei spiegare che cosa era successo solo dopo, quando la riunione finì

comunque, quando fu il mio turno feci il mio intervento, che ebbe anche un discreto successo

ero emozionatissima, cavolo, meno male che me l’ero scritto. in effetti, come mi fecero notare, era la prima volta in assoluto che in quel tipo di riunione ospitavano un intervento esterno, se poi si aggiunge il fatto che ero perfino una donna…
(questo per scusare i solerti alpini all’ingresso…)

fu una grande esperienza, tanto che ancora oggi me la ricordo nei dettagli.

l’unico rammarico è che non ho più visto la casa di D’Annunzio….

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Belluno di maggio

Belluno di maggio è fredda come d’inverno

il riscaldamento è ormai spento

ma anche se fuori batte il sole

i vecchi muri non ricordano il calore

artificiale assorbito nei lunghi mesi freddi

e durante il giorno

sanno sputare solo il gelo assorbito di notte

a Belluno di maggio non mandate il piumone a lavare

a Belluno di maggio va la boule dell’acqua calda…

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ma guarda un po’ queste cabarettiste…

allora ieri sera a teatro c’era il recital di questa cabarettista, una siciliana di Zelig che fa anche la pubblicità di una compagnia telefonica con Raoul Bova

ecco, io l’ho conosciuta per quello, per la pubblicità, perché a me Zelig non piace molto, non lo reggo per più di cinque minuti

non è che non mi piacciano i cabarettisti, è che non mi divertono tutti insieme, nella stessa serata.
magari presi uno a uno….
vabbè

allora vado a vedere ‘sta tipa. una botta di simpatia, davvero. carina anche, che in pubblicità pare un po’ bruttina. invece no, è magrolina tanto, ma leggera, fa movimenti sciolti, tiene bene la scena. insomma, ganza davvero

anche perché sennò non c’avrei nemmeno pensato di andare a vederla

questa qua l’avevo intervistata qualche giorno prima.
le avevo chiesto: come funziona il tuo spettacolo?
e lei: io parlo con il pubblico, coinvolgo, improvviso molto anche secondo quello che mi dice la gente.
e io: auguri. sai che il pubblico qua a Belluno non è proprio molto reattivo…
davvero? mi fa lei. me l’hanno detto anche in altre città. ma alla fine ho fatto parlare tutti.
okay.
faccio l’articolo, ci scrivo anche la storia che lei farà parlare i bellunesi, che va pure nel titolo.
insomma, tutto come al solito.
e chiusa là

poi ieri sera vado a teatro, dicevo, lei esce sul palco e la prima cosa che dice è: ma sapete che mi ha intervistato una giornalista che mi ha detto che il pubblico qua non reagisce?
e tutti a una voce sola: noooooooooo!!!!
e lei, ma chissà perché mi avrà detto questo?
tutti ridono, evidentemente non se lo sanno proprio spiegare.
uno urla: il nome, il nome!
e lei: non me lo ricordo! (grazie!)
no, dico davvero, l’avesse detto e qualcuno mi avesse riconosciuto quelli minimo minimo mi sputavano sul cappottino all’uncinetto…
(e comunque son soddisfazioni, ho capito che c’era proprio un sacco di gente che aveva letto l’intervista…)

oh, alla fine questa storia della giornalista che diceva che a Belluno non reagivano l’ha rimessa in ballo almeno tre o quattro volte…
e ha fatto bene, dico, dal suo punto di vista. le è servito per rompere il ghiaccio. e come tecnica è azzeccata: butta in faccia a qualcuno una verità non proprio gradevole e quello farà di tutto per smentirla.
alla giornalista, poi, en passant, ha dato pure della “meschina”
ma nel senso che si usa a Palermo, credo, come dire “povera, che colpa ne ha lei…”

ora, a parte tutto. ma c’è qualcuno che in teatro a Belluno abbia trovato un pubblico reattivo? voglio dire, gente che canta ai concerti, parla con il cabarettista dalla platea, dialoga con nonchalance? a me non è mai successo (diciamo di rado, va’).

rispetto ad altri posti d’Italia qua ho sempre percepito un pubblico un po’ freddino e molto abbottonato, magari anche partecipe come attenzione, ma non proprio disposto a mettersi in gioco davanti a tutti.
poi dipende anche da chi è sul palco….

vabbè. comunque il recital è stato carino, divertente, tutto giocato sui luoghi comuni del rapporto fra uomo e donna, delle differenze fra nord e sud, ma interpretati con simpatia
e lei è brava davvero a dialogare col pubblico, a cogliere lo spunto più adatto per suscitare una reazione. e anche carina, molto più di come appare in quella pubblicità della “rrricarica”…

poi c’è anche il fatto che oggi presentarsi come giornalista è un po’ come volersi far tirare i carciofi in faccia.
sì, non è proprio il massimo.
alla gente, si sente, gli fa subito una certa antipatia.
diciamo che non è il nostro momento, ecco.
e chiudiamola qui

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