Qualche anno fa abbiamo comprato un piccolo appezzamento di terreno sotto casa da uno straniero che sarebbe rientrato presto in patria. Finalmente si sarebbe risolto almeno il problema del suo cane, un pastore maremmano di cinque anni, trascorsi tutti abbaiando furiosamente attaccato ad una catena.
Dopo una serie di incontri per trovare un accordo, il proprietario sembrava essersi deciso a portarsi via anche il povero cane. In realtà lui aveva provato in tutti i modi a convincermi che avrei dovuto prenderlo io, che un cane per stare in campagna mi ci voleva e ancor di più considerato che c’era qualcuno che mi voleva male e che urlava sempre contro di me.
Quest’ultimo problema mi pareva più da affidare a un tribunale, come poi ho fatto, che a un cane. In ogni caso, quando il tizio mi comunicò la sua decisione di portare il cane con sé ne fui sinceramente felice, per lui e per il cane.
A proposito -, gli chiesi un giorno -. Come si chiama il tuo cane?
Eh, questo non posso mica dirtelo, rispose con aria misteriosa.
Ah no? E perché?
Perché se poi sai il suo nome puoi chiamarlo e portarlo via. Te lo dico solo se decidi di prenderlo.
Per fortuna anche questo aspetto si sarebbe risolto con il trasferimento del cane.
In realtà, per ingraziarmi il venditore, che affermava di essere indeciso se dare il terreno sotto casa mia a me o a due famiglie di zingari che ci avrebbero messo cavalli e cani da caccia, lo aiutai a fare una pratica che riguardava proprio il cane.
Si era beccato una multa, dietro mia segnalazione tra l’altro, perché il cane, che abbaiava notte e dì (ma non da solo) non era microchippato né registrato all’anagrafe. Mi offrii di compilare il ricorso per lui e nell’occasione scoprii senza alcuna fatica che il cane rispondeva al nome di Leo.
Rispondeva per modo di dire.
Dopo aver formalizzato la compravendita dal notaio, lasciai l’ex proprietario libero di stare sul terreno fino al giorno della sua partenza, che si annunciava abbastanza complicata perché doveva organizzare il trasporto dell’auto, dei suoi effetti personali e del cane.
Passato più o meno un mese dall’acquisto del terreno, mi annunciò che durante il week end sarebbe venuto un grosso tir a caricare tutto, compreso il cane. Probabilmente ciò sarebbe avvenuto durante la notte, che non mi preoccupassi quindi per il rumore che avrei sentito.
Passato il fine settimana pensai che avevo il sonno proprio pesante perché non ero stata svegliata da nessun grosso tir.
Però il cane Leo continuava ad abbaiare (non da solo). Stai a vedere che avevano rinviato la partenza.
Il lunedì mattina scendo nel campo a vedere che succedeva. C’era il cane Leo, legato alla sua catena, che abbaiava come al solito, e il cancello era aperto.
Scrivo un messaggio al tizio che mi dice che lui era già arrivato al suo paese.
Bene, ma quando torni a riprendere il cane?
Non torno più.
Ma come?
Mi spiegò che la ditta di trasporti non aveva voluto prendere il cane con sé e che quindi, a malincuore, lo aveva dovuto lasciare lì.
Tanto a me faceva comodo avere un cane con la gente che mi voleva male e via dicendo.
Ecco, mi ero fatta raggirare bene bene.
E ora?
Intanto pensai a dare qualcosa a quella povera bestia che probabilmente non mangiava da due giorni. Notai nel capanno dei contenitori di crocchette richiusi con lo scotch. Presi la ciotola del cane. Era piena ma i croccantini erano tutti appiccicosi per la pioggia. La svuotai, la pulii e la riempii con i croccantini nuovi.
Il cane mi abbaiava contro, tirando la catena, ma io stavo attenta a muovermi fuori dal suo perimetro di azione. Vidi un secchio con poca acqua. Mi avvicinai per prenderlo. Ebbi appena il tempo di vedere il cane che scattava con un grande balzo verso di me e di darmi alla fuga. Ma lui riuscì lo stesso ad azzannarmi il dorso della mano destra. Fortuna che indossavo i guanti da lavoro in pelle. Per cui me la cavai con un pizzicotto dolorante e un bel livido. Poteva andare decisamente peggio.
Però quel problema andava risolto, e anche al più presto. Non solo era diventato pericoloso avvicinarmi per dare da mangiare al cane. Ma chi mi garantiva che la catena avrebbe retto ai suoi balzi? Se avesse ceduto sarei stata finita, senza nemmeno starci a pensare.
Cominciai a fare una serie di telefonate, vigili, volontari, servizio veterinario. Ma ognuno mi rimbalzava all’altro. Il problema sembrava irrisolvibile.
Il cane non era mio, quindi non potevo prendere decisioni in merito.
Eh, ma il terreno sì.
Poi, il proprietario non lo aveva ufficialmente abbandonato (ah, no?) quindi non si poteva intervenire su un cane di proprietà con il padrone assente.
Provai a spiegare al proprietario che avrebbe dovuto chiamare il servizio veterinario e chiarire la situazione. Non credo che l’abbia mai fatto.
Però colse l’occasione per informarmi di un piccolo particolare.
Sul terreno aveva lasciato anche una gatta con i gattini, ma ormai avevano quasi due mesi e si sarebbero arrangiati da soli. In ogni caso suo figlio aveva già pensato a tutto e presto sarebbero venuti a prenderli per portarli da una signora. Ci aveva già parlato lui ed era tutto a posto.
Certo, da credere al cento per cento.
Nel frattempo c’era da risolvere un altro problema. Dare da mangiare ai gatti, grandi e piccini, mentre il cane Leo faceva tremare il capanno come un terremoto dalla voglia che aveva di addentarmi.
Un vigile aveva anche ipotizzato che questa situazione l’avessimo concordata insieme, io e l’ex proprietario, per forzare gli eventi.
Grazie per la stima.
Di cuore.
(1 – continua)