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Se di notte una strega dai capelli rossi…

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Ho deciso, parto dalla fine. E quindi inizio dalla visita alla mostra “Arte e magia” a Palazzo Roverella, a Rovigo, che ha concluso la nostra due giorni in Polesine come esperti di comunicazione, ospiti di Confindustria Venezia Rovigo in un evento organizzato da Eurogiornalisti.

La raccolta di opere, curata da Francesco Parisi, comprende anche qualche lavoro di Klee, Kandinskij, Mondrian e Munch, ma più che sui grandi nomi l’esposizione corre sul filo del magico, dell’esoterico, dell’occulto. Opere crepuscolari, talvolta gotiche, di autori ai più sconosciuti, ma che hanno affrontato in vari tempi e in modi diversi questo tema.

La mostra inizia con l’invito al silenzio, espresso tramite alcune opere, sculture e dipinti. Si invita la ragione a far silenzio, mettendo da parte la razionalità per far posto al mistero; si invita lo spettatore a entrare in una dimensione raccolta, silenziosa, per poter assaporare quanto di magico queste opere sono in grado di offrire; si invita l’adepto, infine, a non rivelare quanto appreso durante i riti iniziatici.

Fra le opere, Un velo di Louis Welden Hawkins, Parsifal di Jean Delville, Il silenzio di Giorgio Kienerk.

Una sezione è dedicata all’architettura esoterica, all’arte di costruire templi che costituiscono dei veri e propri monumenti dedicati ai simboli cari all’esoterismo. Un’altra affronta il mistero dei Rosacroce, il movimento fondato da Joséphin Péladan (alias Sar-Mérodack), occultista, esteta e filosofo francese che lottò contro il realismo per restituire all’arte la sacralità che riteneva perduta. Fra gli altri, sono esposti, Il Manifesto per il primo Salon de la Rose+Croix di Carlos Schwabe, Studio per il Sar Péladan di Alexandre Séon e Fantasticheria nella notte di Alphonse Osbert.

La notte, con i suoi abitanti misteriosi, è il regno indiscusso della magia e dell’occulto. Ma il dipinto Tre donne e tre lupi di Eugène Grasset mostra un aspetto diverso di questo mondo che attrae ma che al tempo stesso suscita anche timore. Le tre donne, tutte streghe, sono terrorizzate. Fuggono volando, coperte appena di veli, con i lunghi capelli al vento, scoperte, braccate da chi dà loro la caccia.

Il cuore più oscuro della mostra è rappresentato dalle opere di Odilon Redon, Paul Ranson, Jean Delville, Albert von Keller e Felicien Rops, artisti specializzati nel raffigurare il Demonio e i suoi servitori, streghe e maghi. E’ qui che si realizza il percorso contrapposto all’Illuminismo, la fascinazione per l’alchimia, per diavoli, streghe, maghi e spettri, rafforzata in antitesi con l’affermazione del secolo dei Lumi.

La Circe di Louis Chalon, La fonte del male di George de Feure, La Notte di Valpurga (antica celebrazione pagana della primavera) di Fritz Roeber, raccontano tutto questo.

Gli appassionati di fantasmi e sedute spiritiche potranno apprezzare in particolar modo il tavolino di legno finemente intagliato di Thayaht, sul cui ripiano sono rappresentate le mani dei partecipanti alla seduta.   E’ in questa sezione che troviamo anche L’urna di Edvard Munch.

La luce che arriva dall’Oriente rischiara tutta questa oscurità con la ricerca di un mondo nuovo fatto di spiritualità e un misticismo che passa per dottrine come il buddismo ma anche attraverso lo yoga, il tantrismo indiano e gli animismi tribali di cui sono testimoni Frantisek Kupka, Jan Toorop e Sascha Schneider.

L’opera di Vasilij Kandinskij “Rosso in una forma appuntita” è la sintesi di una ricerca che si rifà agli archetipi, alle forme ancestrali, per manifestarsi in una rappresentazione sempre più rarefatta. Astratta. Così come accadrà a Paul Klee e a Johannes Itten. E a Piet Mondrian del quale in questa mostra possiamo ammirare un’opera paesaggistica, risalente al periodo precedente la sintesi astratta per cui oggi tutti lo conosciamo.

Nell’ultima sala si compie il salto estremo dalle credenze legate ai secoli più oscuri fino alle avanguardie del Novecento. Una nuova attenzione ai sensi interiori, l’affacciarsi delle dottrine psicanalitiche, la (ri)scoperta dell’aura, delle onde elettromagnetiche, sono gli ingredienti che caratterizzano le opere esposte, firmate da autori come Giacomo Balla, Frantisek, Mondrian e Romolo Romani.

La strega di Luis Ricardo Faléro è l’immagine scelta come simbolo della mostra. Una giovane in carne, secondo i dettami estetici in voga alla fine dell’Ottocento (l’opera è del 1882), con una chioma spettinata di capelli rossi (il colore generalmente attribuito alle streghe), imbraccia una scopa al contrario, volando in un cielo denso di nuvole e pipistrelli. Il disegno originale decora un tamburello. La posizione della scopa, nel tempo, non ha mancato di suscitare interpretazioni a sfondo erotico.

The  witch, by Luis Ricardo Falero

Noi, in ogni caso, ci facciamo la foto di gruppo davanti al grande manifesto stando ben attenti a non coprirne la protagonista.

La mostra, aperta tutti i giorni (feriali 9-19, sabato e festivi 9-20) chiude il 27 gennaio 2019.

(1 – continua)

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