Mi piace leggere. E’ un piacere che coltivo fin da quando ero bambina. Ogni libro e’ una piccola avventura.
Leggere, per me, vuol dire entrare nel mondo costruito dall’autore. Viaggiare nei posti scelti da lui, ascoltare i suoi personaggi parlare, partecipare, passivamente si’, alla storia che lui racconta.
Se e’ bella succede subito, di entrare nel suo mondo. A volte ci vuole un po’ di più. E non e’ detto, allora, che il libro non sia bello. E’ che ci mette magari solo un po’ di più a ingranare, a prenderti.
A volte non succede mai e allora il libro finisce sullo scaffale prima del tempo. E a volte ci rimane.
A volte no. L’anno scorso, per dire, due amiche in due situazioni diverse mi hanno consigliato di leggere libri che avevo gia’ tentato di affrontare senza riuscirci. Tutti e due abbandonati senza appello dopo poche pagine.
La versione di Barney, era il 2001, perche’ mi faceva girare letteralmente la testa. Troppo caotico.
Una banda di idioti, 1998, perche’ era prolisso, ma tanto prolisso. Questo l’avevo anche regalato a un’amica dopo aver letto la fantastica recensione che lo salutava come un capolavoro sfuggito solo per caso all’oblio.
E nemmeno lei era riuscita ad andare avanti.
Poi arrivano queste due amiche.
Una, un mattino in tribunale, mi consiglia di leggere Barney. “Impossibile – dico io – ho gia’ provato e non lo reggo”.
L’altra a una cena. Parlavamo di libri, dell’Eleganza del riccio, ricordo. E lei fa: “il libro più bello di sempre e’ Una banda di idioti. Da morir dal ridere”.
E anche li’ ribadisco la mia incapacita’ di leggerlo, nonostante la buona volonta’.
Comunque, alla prima occasione, tornata a casa in toscana, sfilo i due libri dallo scaffale e ci riprovo.
Ecco: mangiati. Letteralmente. Da non credersi.
Barney e’ volato in cinque giorni. Lettura senza sosta. Praticamente uno di quei libri che una volta iniziato te lo porti sempre con te. Ci fai colazione, te lo leggi in piscina, al mare, prima di andare a dormire, appena sveglia. Ovunque.
E in quei giorni vivi fra Montreal e Parigi, insieme a lui, seguendolo fino allo chalet al lago. Non puoi farci niente, ti prende.
E l’altro pure. Una banda di idioti. All’inizio un po’ pesante, diciamola tutta. Ma dopo un po’ di pagine anche quello non lo lasci più, fino alla fine. Non ricordo la citta’ dove era ambientato. Ma i posti un po’ sgangherati, come i protagonisti, se ci ripenso, me li rivedo.
Con Barney mi e’ presa poi come una febbre. ho letto tutto quello che lo riguardava, dagli articoli del Foglio al libro scritto da un giornalista che era stato in Canada nei luoghi citati da Mordecai Richler. Ho visto anche il film e, tanto per rimettere un po’ di cose al loro posto, ho riletto il libro dopo cinque mesi.
Notevole.
Per dire, ora, che ho appena letto un poliziesco di un autore italiano, Les Italiens, ho ancora la Parigi che descrive lui davanti agli occhi con i quai, i bateaux mouche e la Seine.
E poi per ogni libro ci sono i personaggi. Quando sono riusciti e ti toccano, ti lasciano sempre qualcosa di loro.
Per un po’ di giorni, finche’ non decido di entrare in un’altra avventura, quelli del libro appena finito continuano a farmi compagnia, in silenzio. Fanno capolino nei pensieri, me li rivedo cosi’ come me li sono immaginati leggendoli.
Un po’ come succede con gli amici lontani. Ci sono sempre anche quando non ci sono.
Questo, per me, e’ il buon sapore che lasciano i libri.
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