Putin tiene in mano una matita. È spezzata. L’ha rotta durante il vertice dell’11 febbraio, un braccio di ferro estenuante tra le potenze mondiali che determinerà il prossimo futuro. Il primo piano del presidente russo con il volto teso e la matita rotta tra le mani, a mio parere, rappresenta questi primi due mesi difficili del 2015. La matita è tornata subito alla ribalta come simbolo della libertà di espressione.
Una libertà che di colpo abbiamo capito non essere illimitata e priva di conseguenze quando, il 7 gennaio scorso, la redazione dello Charlie Hebdo è stata trasformata in un mattatoio. Ma più passano i giorni, più la matita diventa la raffigurazione del problema di base: l’incapacità di comunicare, la travisazione di parole e intenti più o meno consapevole e voluta. Non comunicano mondo occidentale e islamico, Europa e Russia, America Europa e Russia e non ci si capisce nemmeno tra Stati europei.
Le incomprensioni e le divisioni diventano terreno fertile per chi ha interesse a fomentare guerre per vendere armi e impossessarsi dei beni altrui. La matita spezzata è diventata l’emblema del presente. È stata fatta a pezzi dai kalašnikov dei terroristi che hanno massacrato i vignettisti di Charlie Hebdo per gridare al mondo la divisione tra occidente e mondo islamico, ed è stata fatta a pezzi dalle mani dei uno degli uomini più potenti del pianeta, mentre l’Ucraina sanguina e Obama freme.
Se con gli attentati dell’11 settembre 2001 è stato colpito il cuore dell’economia mondiale, il 7 gennaio 2015 è stato violato il simbolo della libertà d’espressione in quella Francia in cui la parola “libertà” ha storicamente un significato molto profondo. A chi vuole riportare equilibrio e pace resta il duro compito di ricomporre queste matite azzeccando l’adesivo più adatto.
Martina Gris
Feltre (Belluno)
(primo premio ex aequo con 18/20 voti al concorso per blogger “Chi è Charlie?”)
L’ha ribloggato su Je suis une journaliste.