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Una vicina fuori dal comune

Il 14 febbraio 2012 avevo il giorno libero. Lo trascorsi in casa a cucinare dei dolcetti vegani a forma di cuore. Poi, non sapendo a chi darli, decisi di fare un regalo ai miei vicini, scegliendo nel condominio una rosa ristretta delle persone che salutavano quando le incrociavi per le scale. 

La signora del secondo piano ne fu felicissima. Più del contatto, mi parve di capire, che del dolce in sé. Chiacchiera chiacchiera venne fuori che la sua nonna era una Pacini di Colle e che si era scambiata qualche lettera con babbo su un racconto per cui era stato premiato.

Poi passai dalla ragazza con la figlia e anche lei sembrò apprezzare molto. Infine, suonai il campanello alla signora col bastone che avevo conosciuto in ascensore. 

“Ma lei è toscana… Io ho vissuto tanti anni a Siena, sa?”.

Lo sguardo diretto e la parlata sincera la rendevano diversa dalla maggior parte della gente del posto. 

Mi invitò ad entrare in casa, mi offrì dei cioccolatini. Sedemmo in salotto a parlare. Mi raccontò la sua vita come moglie di funzionario governativo, vice prefetto, poi prefetto, che aveva girato mezza Italia seguendo il marito. 

Quella donna parlava tantissimo e lasciava appena lo spazio per annuire più che per rispondere, ma non importava. 

A un certo punto venne fuori che in gioventù aveva scritto dei gialli. E che glieli aveva pubblicati la Mondadori. Nella collana dei Gialli Mondadori per Ragazzi. 

Era stata la prima scrittrice di gialli in Italia, per quel che ne sapeva. 

Man mano che raccontava la sua storia, nella mia testa prendeva forma la trama di un romanzo. Non capita spesso di conoscere una persona così interessante. Intelligente, arguta, battagliera. Potevi stare ad ascoltarla per ore. Ed era la mia vicina, quella che viveva nell’appartamento sotto il mio.

Disse che il marito non era assolutamente contento di questa sua attività e le chiese di scrivere sotto pseudonimo.  

Le dissi che la sua storia era fantastica e avrebbe meritato un articolo. Lei disse che forse era meglio di no, in quel posto così piccolo bastava poco per attirarsi le critiche anche degli amici.

“Però, se dovesse servire per farla avanzare nella sua carriera, lo faccia pure”.

La mia carriera in realtà era inchiodata saldamente lì dov’era e non aveva alcuna possibilità di avanzamento. L’unica cosa che era libera di avanzare poteva essere la mia passione e la voglia (il bisogno?) di far capire quello che potevo e volevo dare a quel lavoro.

Quando rientrai in redazione, povera me, piena di entusiasmo, riferii che avevo una storia fantastica. Mi si fece presente che al giornale servivano notizie e di quella storia lì non importava niente a nessuno.

Se proprio volevo, avrei potuto scrivere l’articolo e una volta che non avessimo avuto niente ma proprio niente da mettere in pagina, allora avremmo potuto pubblicarlo.

In realtà, essendo la titolare della cronaca nera e di quella giudiziaria di notizie ne portavo a bizzeffe. Ma mi è difficile credere che i giornali vivano di soli morti e condannati.

In ogni caso ero abbastanza abituata a queste reazioni, per cui mi apprestai a scrivere la storia della signora Giuliana, alias Giulia Sarno, che era stata autrice di dieci volumi dei Gialli Mondadori per Ragazzi con i suoi giovani investigatori Marcello e Andrea.

La pagina, pronta con le foto, le didascalie e i titoli, rimase a decantare per mesi nella memoria del computer. Naturalmente c’era sempre qualcosa di più importante da pubblicare. Incredibilmente verso la fine di ottobre si verificò una congiunzione astrale favorevole. Il giorno del mio compleanno, il 20 ottobre, non c’erano notizie importanti. La congestionata cronaca bellunese sembrava essersi calmata. Non si erano scatenati terremoti, non c’erano state sette rapine di fila a furgoni valori, nessun personaggio importante si era suicidato e nemmeno un marciapiede cittadino mostrava crepe degne di segnalazione.

Erano trascorsi otto mesi e la mia pagina sulla scrittrice di gialli era ancora valida.

Mi dispiace non poter raccontare che il giorno della pubblicazione si sia verificato qualche evento eccezionale legato all’uscita dell’articolo. Probabilmente qualcuno lo apprezzò e ad altri sarà rimasto indifferente. Succede così per tutto.

Ci fu in realtà qualche piccola evoluzione legata a un ragazzino a cui l’autrice aveva promesso un gelato, che fu rintracciato, fotografato e intervistato. Ma poi finì tutto lì. 

Intanto però coltivavo l’amicizia con la signora Giuliana, come faccio tutt’ora che ha novantuno anni, con mia grande soddisfazione.

Qualche giorno fa sono stata contattata dal responsabile della Cultura del Piccolo di Trieste, la città di origine dei due protagonisti, Marcello e Andrea. Aveva trovato on line la mia intervista alla signora Giuliana e pensava che fosse una storia bellissima e di grande interesse per il loro giornale. Se potevo dare loro qualche notizia… La signora era ancora in vita? E se sì, come la potevano rintracciare? Per loro sarebbe stato importantissimo scrivere un articolo su di lei. Lo avrebbero pubblicato nell’inserto Tuttolibri della Stampa, nella parte distribuita a Trieste con Il Piccolo. 

Li misi in contatto, tempo qualche ora e la signora fu intervistata. L’articolo, molto bello, fu pubblicato  pochi giorni dopo.

Da Trieste mi hanno ringraziato tantissimo e la signora Giuliana, per quanto sembri rifuggire queste piccole occasioni di fama e notorietà, mi ha detto: “Certo, se non fosse stato per lei e per la sua intuizione di tanti anni fa, tutto questo non ci sarebbe mai stato”.

È così, forse, che le piccole ingiustizie vengono riparate, da qualche parte.

Qui la pagina uscita il 21 ottobre 2012 a Belluno

https://wordpress.com/post/jesuisunejournaliste.wordpress.com/204

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Addio, Virginia

Stanotte le voci mi hanno lasciato un po’ di tregua. Ne ho approfittato per scrivere le lettere. Negli ultimi giorni sono venuta più di una volta lungo queste rive. Il fiume Ouse è vicino alla nostra casa nel Sussex. Le sue acque scorrono in mezzo a una vegetazione ricca e frondosa. Mi piaceva sedermi da sola su una sponda a osservare la corrente. Chiudendo gli occhi potevo sentire solo il rumore dell’acqua, il canto degli uccelli e il battito delle loro ali. Poi li riaprivo e rincorrevo con lo sguardo un’ape che volteggiava a poca distanza dal mio naso, del tutto indifferente ai miei pensieri. La sua natura la spingeva verso il fiore più odoroso su cui si posava suggendo il nettare che questo, generoso, le offriva.

Queste mattine trascorse seduta lungo la riva del fiume mi riempivano di vita, di pensieri, di idee. E non mi importava che la mia veste si sporcasse di terra, fango o erba. Mi pareva che la ricchezza che ne traevo fosse di gran lunga più importante di una misera stoffa, di un abito. Poi una volta a casa ridevo fra me e me immaginando il naso storto della governante, che al vedermi così conciata pensava solo al lavoro in più da fare. Che vita meschina quella condotta passando da un mestiere manuale all’altro senza sperimentare alcun bisogno di un’elevazione spirituale, per quanto minima. 

Leonard a queste cose non guarda. Lui è felice per quello che facciamo, per i nostri amici, i nostri libri. Se non avessi lui, se non avessi avuto lui, anzi, non so come avrei potuto superare certi momenti. Ma adesso, lui lo capirà, non posso fare altrimenti. 

Vita, amore mio dolcissimo, sorella, moglie e madre. Tu che mi hai donato la tua forza e il tuo coraggio perché anche io potessi diventare forte e coraggiosa come te. Ti porto nel cuore e ti chiedo perdono.   

È una mattina di fine marzo e io cammino nell’aria frizzante. Indosso una pelliccia per proteggermi ancora un po’ dal freddo. La mia strada è ormai segnata.

Chi mi vedesse penserebbe che passeggio mentre raccolgo sassi di fiume, tondi, levigati dallo scorrere dell’acqua, per farne ornamenti nel mio giardino. 

Ma qui non mi vede nessuno e nemmeno i corvi, che planano sugli alberi per risollevarsi tutti insieme verso il cielo, avrebbero niente da dire.

Le mie tasche sono piene di sassi. Ormai devo chiedere aiuto a chiunque, perfino a una pietra. La mia mente vola più in alto dei corvi e compie ellissi, parabole e repentine virate. Non la seguo più, che faccia come meglio vuole.

Io mi stringo il cappotto addosso che l’acqua del fiume corre impetuosa e fredda.

E io con lei.   

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