il giro sul lago di Garda mi ha fatto tornare in mente un episodio di qualche anno fa. era l’aprile del 2003, se non ricordo male.
da meno di un anno curavo una pagina settimanale sul Gazzettino di Belluno interamente dedicata agli alpini. nell’ambiente delle penne nere era diventato un piccolo caso, anche perché nessun altro quotidiano aveva mai fatto altrettanto
chiariamo, non era stata un’idea mia. diciamo che era una necessità del giornale e che fu affidata a me, in quanto come ultima arrivata non avevo un mio settore da seguire.
nell’aprile 2003 fui dunque invitata a intervenire all’annuale convegno itinerante della stampa alpina che quell’anno si teneva a Gardone Riviera, nel Vittoriale.
inutile dire, almeno per chi mi conosce, che dissi subito di no. alla fine mi convinsero, al giornale la cosa andava bene e quindi in un mattino di sole partii con la mia auto alla volta del lago di Garda.
per la strada il presidente degli alpini bellunesi mi chiamò diverse volte per chiedermi a che punto fossi.
“Mi raccomando, guarda di esserci per le tre, che il tuo intervento è fra i primi”. “Ok, tranquillo”.
“Simona, dove sei?” “A Riva, ormai sono arrivata (non era affatto vero, ma ancora non lo sapevo)”
“Appena ci sei vai al Grand Hotel, mangia qualcosa e sali al Vittoriale”
alla fine arrivai, seguii le loro indicazioni, precisissime. avevo perfino un cameriere dedicato che mi servì, in ritardo visto che gli altri erano già andati via, il mio pranzo personale, nonostante insistessi a dire basta così, grazie.
presi la cartellina con il testo del mio intervento e le raccolte delle pagine degli alpini uscite fino ad allora che avrei lasciato in dono, e salii le scalinate del Vittoriale
all’ingresso c’erano alcuni alpini che mi invitarono a mettere giacca e borsa nel guardaroba.
mi tenni la cartellina e loro mi dissero di lasciare anche quella.
“ma mi serve per l’intervento….” provai a protestare
“si si, tranquilla. c’è tempo per tutto” mi dissero
solo dopo, ripensandoci, capii che l’avevano detto con un’aria anche un po’ troppo condiscendente
fu però solo quando mi scortarono davanti all’ingresso della casa di D’Annunzio, dove c’erano altre donne in fila, che capii in un lampo che cosa era successo
mi avevano scambiato per una delle mogli degli alpini, magari, avranno pensato, anche un po’ fuori con la testa visto che era convinta di dover perfino parlare ad una riunione, e mi avevano accompagnato nel percorso riservato alle signore per intrattenerle mentre i mariti erano impegnati
appena realizzai questo pensiero giunse un’altra telefonata del presidente. “Simona, ma dove sei? sbrigati che fra poco tocca a te”
abbandonai la fila e di corsa tornai all’ingresso.
“datemi la cartella, per favore, che devo scappare”. probabilmente il mio tono non ammetteva repliche, perché non ce ne furono
con il telefono cellulare all’orecchio mi feci guidare nella sala dove tutti mi attendevano, quella con l’aereo appeso al soffitto
non riuscivano a capire perché ci avessi messo tanto ad arrivare. potei spiegare che cosa era successo solo dopo, quando la riunione finì
comunque, quando fu il mio turno feci il mio intervento, che ebbe anche un discreto successo
ero emozionatissima, cavolo, meno male che me l’ero scritto. in effetti, come mi fecero notare, era la prima volta in assoluto che in quel tipo di riunione ospitavano un intervento esterno, se poi si aggiunge il fatto che ero perfino una donna…
(questo per scusare i solerti alpini all’ingresso…)
fu una grande esperienza, tanto che ancora oggi me la ricordo nei dettagli.
l’unico rammarico è che non ho più visto la casa di D’Annunzio….