Tanti anni fa andai in una qualche valle di montagna con la mia amica e la solita coppia di amici romani. Un giorno ci venne a trovare un amico da una città del nord e per l’occasione decidemmo di andare a sciare in Val Badia.
Salimmo tutti sul furgone della mia amica e partimmo.
Per strada ci fermammo davanti a un tabacchino per comprare le sigarette. Scesi io.
Al momento di risalire, tutta contenta, presi la rincorsa e con un gran salto mi apprestai a infilarmi dal portellone laterale.
Loro sentirono un gran botto. Io un male cane.
Ragazzi, che craniata.
Rimbalzai all’indietro, ma ce la feci a non cadere.
Dentro al furgone ci fu un silenzio di alcuni, lunghissimi secondi. Poi cominciarono a preoccuparsi per me.
Le stelline ancora brillavano nel mio cranio, ma avevo un orgoglio da difendere.
Poi, mai avrei voluto rovinare la gita a tutti gli altri.
Per cui dissi che stavo bene e che non era successo nulla.
Mi misi a sedere al mio posto e ripartimmo.
Dopo pochi minuti il ragazzo romano chiese alla mia amica di fermarsi. Prese una busta di plastica, scese dal furgone e la riempì di neve a manciate dal ciglio della strada.
Mi disse, tienitelo sulla testa.
Come Paperino.
In ogni caso, alla fine, non avevo detto proprio una bugia. Nonostante la botta e soprattutto il rinculo sulla cervicale, stavo abbastanza bene e ce la feci a trascorrere una giornata tranquilla sugli sci.
L’amico del nord ci faceva ridere. Le sue frasi forti erano “al di fuori delle rotte commerciali” e “fa figo e non impegna”, pronunciate con accento bauscia e applicate un po’ a tutto, secondo l’occorrenza.
Da allora cominciammo ad usarle anche noi, le volte che avevamo voglia di ridere un po’.
L’amico del nord si prese particolarmente cura di me e mi dette diverse dritte interessanti per sciare, attività per la quale, nonostante i reiterati tentativi, non sono in realtà molto portata. Fu grazie a lui se, almeno per quel giorno, mi si chiarì il mistero del peso a monte e di quello a valle, ma soprattutto fu grazie a lui se, almeno per quel giorno, vinsi il terrore delle piste difficili, ghiacciate e all’ombra.
Io lo seguii fiduciosa mentre la mia amica sciava volteggiando di pista in pista come suo solito. Dei romani, invece, avevamo perso traccia.
Dopo che mi fui decisa a scendere con una certa scioltezza, pur senza esagerare, mi informò che quella era una pista nera.
Come sarebbe a dire nera?
Sì, è la più difficile ma anche la più bella. È la preferita di Alberto Tomba.
Così quando torni a casa ai tuoi amici potrai dire di aver fatto la Gran Risa.
In realtà non è che quella cosa fosse al centro dei miei pensieri e poi a Colle Val d’Elsa chi avrei mai potuto impressionare.
In ogni caso quella piccola avventura contribuì a gonfiarmi un po’.
La racconto adesso, in ricordo di quella storica craniata.