Una mattina di non molti anni fa salii su un pullman per andare a Firenze, da dove avrei preso un super treno per un appuntamento molto importante.
A Colle salì anche un gruppo di adulti, saranno stati dieci o quindici e facevano parte di una gita.
Pretesero subito che l’autista scendesse per sistemare i loro bagagli nella bauliera ma lui si rifiutò.
Alla seconda curva del ponte dell’Armi si sentì un gran baccano.
Lo sportello della bauliera di destra si era aperto e qualche valigia era volata in strada.
L’autista inchiodò e scese smadonnando a controllare. Quelli, che erano già su di giri per la storia della bauliera, o forse già da prima, cominciarono a questionare e non la finivano più. Pareva che si fossero studiato il regolamento prima di partire e dicevano che invece avrebbe dovuto fare in altro modo. L’autista disse se vi va bene è così sennò potete scendere, quelli, sempre col regolamento a memoria dicevano eh no, così non va bene.
L’autista ripartì e capimmo subito che non sarebbe stato un viaggio facile.
Il pullman prendeva le curve a tutta velocità, sbandando, quindi frenava e poi riaccelerava.
Un incubo.
I gitanti intanto non perdevano occasione per fare battute a voce alta sull’autista e sul rispetto di quel benedetto regolamento.
Cominciai a considerare se mi convenisse scendere a Poggibonsi e aspettare la corsa successiva, prima di volare giù da qualche viadotto, quando la ragazza seduta davanti a me disse la stessa cosa.
- Io scendo a Poggibonsi. Se va avanti così, a Firenze ci arrivo con l’infarto.
- Ci avevo pensato anche io. Purtroppo ho un treno che non posso perdere.
Provai a parlare con i passeggeri spiritosi.
- Scusate, potreste evitare di peggiorare la situazione? Se volete proprio discuterci fatelo al capolinea. Ora cerchiamo di arrivare sani e salvi.
Non sembrarono assolutamente interessati alla mia richiesta. Però quelli seduti nella parte più avanti, dove ero anch’io, un po’ si calmarono.
Non altrettanto quelli seduti più indietro che continuavano ad infierire sull’autista.
Non potevo certo dire che eravamo nelle mani di uno squilibrato, che poi magari quello mi sentiva e ci faceva volare tutti giù da un viadotto. Confidavo però sul fatto che, lasciato tranquillo, il suo lavoro di base lo avrebbe portato a termine. A quel punto, a motore spento, con i gitanti avrebbero potuto prendersi anche a cazzotti.
A me importava solo di scendere da quel bus alla fermata giusta e correre alla stazione a prendere il mio treno. Con la mia valigina verde acido che già si era risparmiata il volo sul ponte dell’Armi.
Alla fine arrivammo tutti interi al capolinea di Firenze.
Non appena il bus si fermò, l’autista scese e aprì la bauliera.
Io afferrai il mio trolley e schizzai verso la stazione alla velocità della luce.
Non so come andò a finire con i gitanti, se discussero, si presero a botte con l’autista o lo denunciarono ai sensi del regolamento.
Fatti loro.