Mi ero trasferita da pochi giorni nella casa in centro, sotto il campanile del duomo. Quella con la terrazza trompe l’oeil. La mattina uscivo di casa e andavo a piedi in tribunale. Rientravo più o meno per l’ora di pranzo, secondo i tempi dei processi e la pronuncia delle sentenze. Per prima cosa mi toglievo le scarpe, non le ho mai sopportate, poi mettevo l’acqua sul fuoco e preparavo un sughetto per la pasta. Il pomeriggio, poi, sarebbe trascorso tra le telefonate: quelle con la redazione per fare il punto sulle notizie e per le misure degli articoli, e quelle del giro di nera e con gli avvocati.
Un giorno ero rientrata alle due ed ero molto stanca e affamata, quando suonò il campanello.
Chi poteva essere? Non aspettavo nessuno.
- Chi è?
- Apra questa porta, – disse una voce roca dall’altra parte -. Apra subito.
Dallo spioncino vidi un volto di donna a me sconosciuto. Era pallida, aveva l’aria stralunata, i capelli in disordine.
- Scusi, ma chi è lei? Che cosa vuole da me?
- Apra la porta e non faccia troppe domande. Ho delle cose da dirle.
- Lei prima si presenti, io non la conosco.
La tipa si attaccò al campanello. Suonava, suonava, suonava senza mai smettere. Da impazzire.
- La smetta per favore, se fa così non le aprirò mai.
- E io continuo finché non mi apre.
Mi rifugiai in bagno per chiamare la polizia, dal momento che con quel suono continuo non si poteva nemmeno parlare.
Quando l’agente della volante salì in casa era tornato tutto tranquillo. La tipa evidentemente si era stancata di suonare ed era andata via.
- Chiedo scusa per il disturbo, ma mi ero preoccupata seriamente.
- Nessun problema, disse il poliziotto -. Se succede di nuovo ci chiami pure. Siamo qui per questo.
In quel mentre suonò di nuovo il campanello, a lungo.
Il poliziotto mi disse di aprire la porta. Era sempre la stessa signora di prima.
- Chi è lei? disse il poliziotto.
- Sono la badante del prete di sotto, disse lei un po’ spaesata.
- E che cosa vuole dalla signora?
- Son venuta a protestare per i rumori.
- Quali rumori?
- Ah guardi, qui è un continuo. Da quando è arrivata lei non c’è più pace. Cammina tutto il giorno avanti e indietro con i tacchi, i bambini giocano e sbattono cose sul pavimento. E poi la notte si sentono voci di stranieri che parlano a voce alta.
Io ero rimasta ammutolita. Ma di che parlava quella donna?
- Allora, disse il poliziotto. Mi pare che la signora sia in pantofole, quindi non cammina con i tacchi. Bambini ne ha?
- No, dissi io.
- E gli stranieri?
- Non ne ho idea, io vivo sola. Non c’è nessun altro.
- Ecco, vede? disse il poliziotto alla badante -. Lei abita qui?
- No, ci lavoro.
- Allora non spetta a lei nel caso protestare. Deve farlo il parroco.
- Ma lui è malato.
- Se lo ritiene necessario, farà lui una telefonata in questura. Ma non può farlo lei al posto suo.
- Allora io me ne vado… disse la donna, la cui rabbia era improvvisamente smontata.
- Sì, certo. E ci pensi la prossima volta prima di accusare una persona, disse il poliziotto.
- Ovviamente, aggiunse rivolgendosi a me, lei può sporgere querela. Ne ha tutto il diritto.
Per l’amor del cielo. Ci sarebbe mancata solo questa.
Spoiler: ero arrivata da pochi giorni, ma me ne bastarono pochi di più per capire che i rumori di tacchi venivano dall’appartamento contiguo al mio, parte del quale (così come parte del mio), era sopra a quello del prete. Se fosse l’anziana inquilina a camminare con i tacchi avanti e indietro, o una delle figlie o una donna delle pulizie, non l’ho mai saputo.
I bambini che giocavano invece erano sicuramente i suoi nipoti.
Le voci straniere provenivano da un appartamento sotto al mio, contiguo a quello del prete, in cui abitavano sette o otto latinoamericani la cui presenza era testimoniata dall’odore di soffritto speziato che aleggiava verso le mie finestre fin dalle otto del mattino.
Il loro appartamento dopo qualche tempo fu acquistato dalla scrittrice di gialli per ragazzi. Da quel momento la mattina presto dalla finestra arrivò soltanto la voce pacata del giornalista del notiziario di Radio Rai.