Sapevate che l’italiano avrebbe potuto essere una delle lingue scelte dalla Comunità Europea fra quelle ufficiali dell’Unione e questo invece non è avvenuto nonostante sia la quarta studiata al mondo?
Sapevate che l’Accademia della Crusca (la più antica del mondo) non legifera sulle parole ma dà solo pareri e non fa più un vocabolario dal 1923? Sapevate che in altre nazioni europee questo non accade, cioè le rispettive accademie legiferano, perché la lingua nazionale è stabilita addirittura dalla loro Costituzione?
Non credo che questa sia una storia conosciuta da molti. Io sono rimasta stupita e anche addolorata a dire il vero nell’apprendere un altro dei tanti tristi pasticci all’italiana.
Oggi ho fatto un corso di formazione per giornalisti all’Accademia della Crusca. A parte le quattro ore volate senza che nessuno si sognasse di fare altro che non fosse ascoltare o far domande, alla fine ci hanno proposto anche una visita guidata.
Ed è in quest’occasione che ci sono state raccontate delle storie bellissime. Questa, proprio bellissima non lo è, però secondo me merita conoscerla.
In pratica a un certo punto, questi della Crusca che stanno sempre lì a studiare il significato delle parole, a salvare la lingua del passato e a vedere come cambia con il tempo, ci hanno provato a far inserire nella Costituzione il punto sulla lingua italiana. Non è stata una cosa facilissima, pare, perché i vari governi di vari colori sembra che siano più propensi a chiudere l’Accademia che ad ampliarne l’attività (anche se Franceschini di recente ha mandato un bel po’ di soldi). Però loro ci provano sempre, quando possono.
Dal Duemila, per due volte, la cosa è stata discussa in Parlamento. La prima è stata la Lega Nord a mettersi di traverso sostenendo che se si inseriva nella Costituzione la lingua italiana come lingua dello Stato allora bisognava mettere anche il padano. Il padano. Non i dialetti dell’arco padano. No, proprio il padano. Che non esiste, ovvio.
Quindi, affogato tutto.
La seconda volta è toccato a Rifondazione Comunista, da non credere. Questi hanno detto. Eh no, se si fa con l’italiano allora bisogna mettere anche le lingue delle minoranze.
Au Revoir. Auf Wiedersehen. Goodbye.
Ecco, sono queste le lingue dell’Europa. Inglese, francese e tedesco. Tedesco. Mentre l’italiano, che risulta essere la quarta lingua studiata al mondo, non esiste a livello ufficiale in Europa. Per dire, se fosse stata scelta tutti i documenti e gli interventi europei sarebbero stati tradotti anche in italiano.
Occasione persa. Qualcuno dirà, ecchissenefrega (che fra l’altro pare fosse l’espressione più in voga nella Roma di fine ‘800 prima dell’avvento di sticazzi). Sì ma sarebbe stato qualcosa di importante, penso io. Anche per i posti di lavoro che sarebbero stati creati.
Poi c’è il discorso Accademia. Questi dopo il casino di petaloso hanno dovuto addirittura oscurare il sito perché venivano attaccati e insultati di continuo per aver inserito quella (peraltro orribile) parola nel vocabolario della Crusca.
Sbagliato. Primo perché l’ultimo vocabolario della suddetta Accademia, che aveva iniziato a farlo fin dal 1590, risale al 1923 quando il governo fascista li ha gentilmente pregati di smettere che tanto all’italiano ci pensava da sé.
Secondo perché, proprio perché la lingua italiana non è nella Costituzione, l’Accademia non ha potere di legiferare sulle parole. Nelle altre nazioni lo fanno. Lo fa l’Académie Francaise. Lo fa la Real Academia Espanola (ispirandosi, fra l’altro, proprio alla Crusca). Quindi non decide questa parola sì e quella no. Dà pareri.
Peccato. Un’occasione persa tutta all’italiana.
Poi, dicevo, ci sono delle storie belle. Una è anche quella che in genere si pensa agli Accademici come a degli studiosi imbalsamati chini sui libri e con le ragnatele alle orecchie. E invece non è così. Fosse solo per il fatto che devono rispondere quotidianamente a una media di 250 email su questioni linguistiche. Ma anche perché la lingua è in movimento. Sempre.
Da qualche tempo la Crusca si è aperta anche alle donne. Nel 2008 è diventata presidente Nicoletta Maraschio (già vice di Giovanni Nencioni che nel 1997 costituì un consiglio direttivo di sole donne) che ha lavorato molto sul femminile professionale. Quello della ministra, della consigliera e dell’avvocata, per intenderci. Piaccia o no, anche questa è un’evoluzione della lingua legata alla crescita del ruolo delle donne.
I primi crusconi, una banda di ricchi fiorentini gaudenti, per salvare la lingua italiana si rifecero alle parole scritte da Dante, Petrarca e Boccaccio nelle loro opere. Ad un certo punto però si sentì la necessità di inserire nel vocabolario anche una definizione precisa di parole come stelle, mare, cielo. Cosa difficile da fare con le accezioni squisitamente poetiche dei tre. L’Accademia allora, e ci sono ancora le prove, scrisse a Galileo chiedendogli di preparare la spiegazione scientifica di quei vocaboli.
Poi c’è la storia di Filippo Salviati, presidente della Crusca ai primi del ‘600, imparentato coi Medici e con papa Leone X, che ospitava spesso proprio Galileo, al quale forniva i mezzi per realizzare i suoi strumenti scientifici, nella sua villa di Lastra a Signa. Le parentele illustri non gli portarono granché bene, a dire il vero, proprio a causa dell’amicizia con lo scienziato. Un giorno fu avvisato che due sicari partiti da Napoli o da Roma, non ricordo, inviati dagli affettuosi congiunti lo avrebbero raggiunto a Lastra a Signa per ucciderlo. Se lo avessero trovato a casa sarebbe stata la fine anche per Galileo che in quel periodo era suo ospite. Filippo non ci pensò due volte, prese il cavallo e fuggì in Spagna. I sicari lo seguirono e fecero in modo che mangiasse cibo avvelenato. Morì a Barcellona a 32 anni. Galileo, nonostante gli scherzetti del Sant’Uffizio, gli sopravvisse una trentina d’anni.
Insomma, ci sarei rimasta tutto il giorno a sentire questi racconti. E’ stato uno di quei momenti in cui mi sale l’orgoglio di essere toscana e italiana (forse un po’ più la prima). Ma non un orgoglio sterile, come se la geografia fosse un merito. E’ quella cosa che senti ogni volta che conosci meglio quello che c’è stato prima di te, nei posti in cui vivi e anche se non hai fatto nulla però ci sei legata, fai parte di quel mondo, ce l’hai vicino, lo respiri e in qualche modo ti influenza, se gli permetti di farlo.
Saranno anche tristi questi accademici, ma anche no.
Simona, ma che io sappia l’italiano è una lingua ufficiale. Puoi spigare meglio cosa intendi o dirmi dove posso trovare maggiori informazioni?
Non so dirti, provo a cercare qualcosa. In pratica se ho ben capito l’italiano è lingua ufficiale per consuetudine ma non per legge.
Ho cercato e mi dice che tutte le lingue europee sono ufficiali. Se però cerchi lavoro nella U.E. ti viene richiesta almeno una tra inglese francese tedesco …
Forse è questo.
Ti ho mandato un articolo in email. C’è solo una legge del ’99, in difesa delle minoranze linguistiche, che cita l’italiano come lingua della Repubblica ma la costituzione non lo fa (anche le costituzioni più belle del mondo evidentemente non sono perfette). Pensa che invece san marino e il Vaticano lo specificano