Nonna Armida e le mie lentiggini

Quando ero piccola mamma e babbo mi lasciavano spesso a casa di nonna Libe, in Colle alta. Paola invece andava da nonna Armida, a Castiglioni. 

Ogni volta che tornava a casa ce ne raccontava una. 

Un giorno, mentre nonna chiedeva di passarle il pennato, Paola si guardava intorno spaesata senza capire di che cosa stesse parlando.

  • Ma che c’andate a fa’ a scuola se un v’insegnano nulla, diceva allora nonna spazientita.

Un’altra volta nonna cercava una gallina che mancava alla sua conta. 

Paola le rispose soavemente:

  • L’ho vista passare, giocava a rincorrersi con il cane.

Anche a me ogni tanto mi toccava andare da nonna Armida, ma non ne ero mai troppo entusiasta. Sia perché nonna stava tutto il giorno a lavorare nel campo e a dar da mangiare agli animali, sia perché aveva un carattere brusco, brontolava sempre e non le andava mai bene niente.

Ogni tanto ci si divertiva anche, però. Come quando mi faceva salire su un fico con la scala e da sotto, mostrando il paniere, mi diceva. Bel bambino, mi allunghi un fichino con il tuo manino? 

Ma erano episodi abbastanza rari.

A un certo punto, per esempio, cominciò a prendersela con le mie lentiggini. Sembrava allora che trovare il modo di toglierle fosse diventato l’unico scopo della sua vita.

Chiedendo in giro aveva raccolto diversi metodi, tutti fantasiosi, per risolvere quello che lei riteneva essere un mio grosso problema.

Naturalmente si guardava bene dal consultarsi con gli altri familiari, tipo sua figlia che era anche la mia mamma, sapendo bene che l’avrebbero stoppata sul nascere.       

Forse non era nemmeno un comportamento del tutto ragionato. D’altra parte lei era così, una contadina furba che pensava sempre di farla franca quando gli altri non la vedevano.

Poi, quando zio e zia tornavano a casa e trovavano il frigorifero dipinto di rosa o il caminetto arancione, la brontolavano. Ma lei alla fine era sempre convinta che fossero gli altri a sbagliare e andava avanti per la sua strada.

Tra i rimedi che qualcuno le aveva suggerito per sbarazzarsi delle mie lentiggini ce n’era uno che garantivano come definitivo. La pipì di cavallo. 

Io le avevo detto che mi faceva schifo solo pensare di fare un bagno nella pipì di un cavallo, ma lei insisteva che per levare tutta quella semola (le mie lentiggini) bisognava farlo.

Io sinceramente non capivo che problema ci fosse con la mia pelle e intanto mi consolavo con il fatto che né la mia famiglia, né altri conoscenti, avessero dei cavalli a cui chiedere la preziosa donazione.

Purtroppo però all’epoca a Colle c’erano un bel po’ di cavalli nel campetto sotto alla piscina Olimpia. Nonna decise quindi che avrebbe chiesto a chi li badava di metterle da parte il miracoloso liquido.

Io ero divisa tra l’orribile sensazione che avrei dovuto sperimentare lavandomi con l’urina ippica e la speranza di veder sparire dalla mia pelle quelle inutili macchioline che, a furia di venire criticate da nonna, mi erano anche venute a noia.

In ogni caso ogni volta che mi toccava andare da nonna Armida avevo sempre il terrore che tirasse fuori un bottiglione di liquido giallo con il quale mi sarei dovuta lavare.  

Un giorno eravamo a casa da sole e lei arrivò in cucina con un barattolo bianco di crema per il corpo. Mi disse, vieni qui che te la passo sui bracci e sulla schiena. Questa vedrai che te la manda via la semola.

Insomma, alla fine non mi era andata troppo male. 

Crema contro pipì di cavallo. Non avrei potuto chiedere di meglio. 

Il pomeriggio trascorse con le solite cose. La merenda, i giornalini, la televisione.

Solo che ogni tanto arrivava nonna con quel barattolo tondo e bianco in mano, svitava il coperchio e mi spalmava ditate di crema di qua e di là.

La sera poi mamma mi venne a riprendere e sembrava come se non fosse successo niente.

Il giorno dopo invece arrivò la telefonata di zia Carla che svelò a mamma l’ultima trovata  di nonna Armida. 

Zia era fuori di sé. Quella crema gliel’aveva segnata un dermatologo e sicuramente non per eliminare le mie lentiggini. 

Mamma era fuori di sé. 

  • Che ti ha fatto nonna, ieri? mi disse precipitandosi su di me come un falco.
  • Boh, le solite cose…
  • Pensaci bene Simona. È vero che ti ha spalmato la crema di zia Carla?
  • Ah sì, mi voleva togliere le lentiggini. Meno male non aveva trovato la pipì di cavallo.

Tra mamma e zia era tutto un urlare: ora basta, Armida non può fare sempre di testa sua e via dicendo. 

Nonna credo che abbia fatto come sempre. Cioè, se l’è fatta entrare da un orecchio e uscire dall’altro. Per poi continuare a fare di testa sua.

Io ancora ringrazio per il pericolo scampato.

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