Il 17 ottobre 2001 sarei dovuta partire per Pantelleria con la mia amica L. e la sua bambina piccolina. Avevamo trovato un bellissimo dammuso nel centro dell’isola, arredato con stoffe etniche, dall’aspetto caldo e accogliente. Avremmo preso una macchina a noleggio e chi ci avrebbe fermato più. Lago di Venere, arco dell’Elefante, spiaggette e cale. Non ci saremmo perse niente. E poi c’erano da assaggiare i capperi, il Passito, il pescespada. Non stavo più nella pelle. Tra l’altro quell’anno, il 2001, avevo lavorato sei mesi di fila a Treviso, da aprile a settembre, mentre gennaio e febbraio li avevo trascorsi nella redazione di Belluno, resistendo per non restarci un mese in più come mi avevano chiesto, per poter tornare a casa, preparare le mie cose e organizzarmi per trovare un alloggio per quando mi sarei trasferita a Treviso.
Un viaggetto ci voleva proprio.
Era stato un anno importante, già iniziato con una vacanza in Sicilia, turbata dalla telefonata del capo di Belluno che mi chiedeva di partire immediatamente per fare una sostituzione da loro. Ero arrivata da appena due giorni, me ne stavo tranquilla a contemplare la facciata del duomo di Noto semidistrutta dal terremoto e già mi rovinavano tutto il resto della settimana.
Mentre ero a Belluno, il 21 febbraio, ci fu la strage di Novi Ligure, con Erika e il fidanzatino Omar. I sei mesi a Treviso invece furono scanditi dal G8 di Genova, con la morte di Carlo Giuliani, la scomparsa quasi contemporanea di Indro Montanelli, l’invio di un libro esplosivo ai Benetton in segno di protesta per la vicenda delle terre degli indiani Mapuche, in Argentina. Poi ci fu l’11 settembre.
Dopodiché successe di tutto. L’8 ottobre il disastro aereo di Linate. Il 4 ottobre un missile ucraino abbatté un Tupolev della Siberia Airlines. Ci sarebbe poi stato il volo Crossair precipitato vicino a Zurigo il 24 novembre e l’American Airlines del 12 novembre che, partito dal Jfk di New York, si schiantò nel Queens.
Insomma, pareva proprio che nel 2001 fosse meglio non volare. Infatti la mia amica insistette perché prendessimo un solo aereo da Roma a Pantelleria, evitando di volare fin da Firenze.
Qualche giorno prima di partire, lei però rinunciò alla vacanza, terrorizzata dai continui disastri aerei.
Io invece sarei andata lo stesso, anche da sola.
L’agenzia siciliana a quel punto mi sconsigliò il dammuso, dove sarei stata troppo isolata, e mi assegnò un appartamento vicino a quello dove abitava uno di loro.
Il viaggio fu complesso. Non tanto da Santa Maria Novella alla stazione Termini, quanto, una volta scesa a Roma, per trovare il binario nove e tre quarti che mi avrebbe portato a Fiumicino, trascinandomi dietro il valigione della mia vacanza. E non era finita lì. C’era da fare una specie di traversata oceanica su chilometri e chilometri di nastri rotanti dalla fermata del treno fino al gate per Pantelleria.
Sempre con valigia al seguito.
Dopo il check in, ricordo invece gli sguardi in cagnesco tra i passeggeri in attesa, tesi probabilmente a scoprire un terrorista in ciascuno di noi. Di sicuro invece eravamo tutti alquanto terrorizzati, visto che la navetta non arrivava e l’aereo sembrava non dovesse partire mai. Soprattutto ci intimoriva l’atteggiamento preoccupato del personale di terra, che correva da un punto all’altro con sguardo basso e senza offrire spiegazioni. Che ci fosse un qualche guasto tecnico in corso? O qualcuno avesse dimenticato di fare rifornimento? O magari ci fossero già i segnali di un possibile dirottamento o di una bomba a bordo? Intanto a noi passeggeri erano vietati forbicine, limette e qualsiasi oggetto atto ad offendere. Come flaconi di shampoo, bagnoschiuma e profumi, che avrebbero potuto celare liquidi esplosivi. Per me fu l’occasione per smaltire un po’ di campioncini di profumeria varia in bustine sigillate.
Finalmente giunse il momento di partire. Durante il volo non fu possibile rilassarsi, per gli stessi motivi che sembravano turbarci tutti fin dalla sala d’attesa. Ma la traversata fu tranquilla, anche se dovevamo sorvolare Ustica, come aveva detto la mia amica nel terrore dei giorni precedenti. Forse facemmo anche un cambio a Trapani, ma non ne sono troppo sicura.
Invece sono certa che la discesa velocissima e l’inchiodata dell’aereo su una delle piste più corte del mondo non mi fece né caldo né freddo. Recuperai la valigia e uscii nel caldo ottobrino di Pantelleria, apprezzando di aver rimesso di nuovo i piedi a terra.
(1 – continua)