Il Tarallo d’Oro

Un inverno, tanti anni fa, andammo a sciare sul Plan de Corones. Partimmo con il furgone della mia amica, io, lei e una coppia di amici romani. Avevamo prenotato due camere in un garnì di Riscone. Quando arrivammo, io e la mia amica scegliemmo la prima che ci fu mostrata, con gli armadi dipinti alla tirolese sul verdino con i fiori colorati. Ho saputo in seguito che l’altra coppia c’era rimasta male e che quella camera sarebbe piaciuta a loro.

La mattina facevamo le solite colazioni pantagrueliche da montagna, ingurgitando tutto quello che era possibile prima di scoppiare: latte e cereali, yogurt, marmellata di mirtilli, krapfen. Poi ci servivamo al tavolo dei salati e preparavamo dei panini con formaggi e affettati che nascondevamo nello zaino per mangiarli a pranzo.

Quindi ci dividevamo, io e la mia amica agli impianti di risalita, l’altra coppia agli anelli di fondo.

Non sono mai stata una grande sciatrice, in ogni caso quell’anno prendemmo anche un maestro. Uno io, che ero più scarsa, e uno la mia amica, molto più brava.

C’era un’ovovia, o qualcosa del genere, che portava a San Vigilio di Marebbe e attraversava il paese sovrastandolo dall’alto. Ma anche per gli impianti di risalita non ho mai avuto una particolare passione.

In ogni caso la vacanza andava avanti. La sera, dopo cena, ci sedevamo ai tavoli dell’albergo e giocavamo a nomi, cose, città. Una sera ci fu una discussione con il ragazzo della coppia per una parola che avevo scritto io. Fra le categorie avevamo messo anche feste e manifestazioni. Era uscita la T e io avevo giocato il Tarallo d’Oro.

  • E questo che sarebbe? disse lui.
  • E io: una manifestazione pugliese.
  • Secondo me non esiste, io non ne ho mai sentito parlare.
  • Vabbè, che c’entra. Vuoi che in Puglia non ci sia un Tarallo d’Oro da qualche parte?
  • Ah, ma te la sei inventata. Non la conosci nemmeno te.
  • No, ma è possibile che ci sia.
  • Eh, ma così non vale… Ognuno allora può inventarsi qualsiasi cosa.  

Insomma, alla fine venimmo a patti, probabilmente avrò rinunciato al punto o me lo avranno assegnato per mettere pace, ma quella questione del tarallo rimase lì, ferma, sospesa a mezz’aria, mal digerita.

Un pomeriggio di cattivo tempo andammo a Brunico a pattinare sul ghiaccio. La ragazza della coppia, che pronunciava Brunìco con l’accento sulla i, a un certo punto cadde e si fece male a un polso. Proprio quella mattina avevo detto alla mia amica che cominciavo a sopportarli sempre meno. E se vogliamo dirla tutta mi riferiscono che lei cadde dopo che io mi ero girata verso di lei per commentare qualcosa della pista. 

Il marito la portò al pronto soccorso, alla fine si era proprio rotta il polso e ritornò con l’ingessatura. Però era contenta perché non aveva mai visto un ospedale così bello pulito e organizzato come quello di Brunìco e lei che veniva da Roma non aveva trovato le file al pronto soccorso e gli infermieri erano gentili e l’avevano visitata subito e bene e tutto quanto e se le fosse successo a Roma a quest’ora sarebbe stata ancora lì. 

Insomma, alla fine questo piccolo incidente separò un po’ di più le nostre strade perché mentre noi andavamo a sciare, loro si facevano dei giri nei posti vicini in cerca di occasioni vintage nei negozi di articoli sportivi.

Un giorno tornarono entusiasti per aver trovato una salopette blu di tessuto elastico impermeabilizzato con una stella alpina di filo sulla bretella. 

La lontananza del giorno allo stesso tempo rendeva più accettabile la frequentazione della sera. Io poi ero dispiaciuta in quanto mi sentivo anche un po’ responsabile di quanto era accaduto, fosse solo per il desiderio che avevo espresso. Quindi mi sforzai di essere un po’ più accomodante.

Un pomeriggio, verso la fine della vacanza, facemmo un giro a Brunico per scegliere qualcosa da portare a casa. Girammo per le strade del centro, visitammo i panifici, i negozi con i prodotti caratteristici, comprammo pretzel e speck.

A un certo punto, alzando gli occhi, vidi un’insegna in ferro battuto. C’era scritto: Il Tarallo d’Oro. Era una specie di alberghetto, piccolo e ben curato, come tutto in quello zone.

Non potevo credere ai miei occhi.

Riuscii a recuperare un po’ di fiato per urlare: guardate lassù! E scoppiare a ridere.

L’amico prese atto della cosa, ma volle comunque puntualizzare che non si trattava di una manifestazione e non eravamo nemmeno in Puglia.

Però era sicuramente un segno. Qualcuno osa forse pensare di no? 

Lascia un commento

Archiviato in diario minimo, on the road

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...