Un giorno la prof alle medie mi disse che mi doveva parlare a quattr’occhi.
- Hai sentito quella tua compagna che cattivo odore che fa?
- No, non ho sentito niente.
- Dovresti cercare di parlarle e spiegarle che dopo essere stati in bagno ci si lava.
- Ma io…
- Sì, capisci che se lo facessi io la metterei in imbarazzo. Invece credo che fra compagne sia più facile.
Non avevo la più pallida idea di come uscirne.
Non mi andava di parlare con la compagna di una cosa del genere.
Avevo dodici anni, non conoscevo diplomazia né delicatezza. Pensavo ai fatti miei, a divertirmi con gli amici. Un po’ anche a studiare.
Però la prof mi aveva investito del compito, chissà perché proprio me, e in qualche modo avrei dovuto fare.
A casa non pensai ad altro. Finché mi venne l’idea.
La mattina dopo arrivai a scuola con una saponetta viola nella cartella.
Mi avvicinai alla compagna e le dissi, ciao, questa è per te.
Speravo che lei la prendesse, bon, e finita lì.
Invece mi disse, non la voglio, grazie.
- Ma come no… l’ho portata proprio per te.
- Ma non mi serve, a casa ce l’ho.
- E’ un regalo, ti prego, la supplicai.
In ogni caso la compagna alla fine prese la saponetta viola, che appoggiò nello spazio sotto il banco.
Poi ci fu l’intervallo. Colazione e caos, come al solito.
I compagni cercavano qualcosa da calciare, una palla da lanciarsi l’un l’altro.
Qualcuno vide la saponetta viola.
Al suono della campanella, dopo che ci eravamo ben sfogati, ci rimettemmo seduti, ognuno al proprio banco.
A terra erano rimasti, sparsi qua e là, dei trucioli viola.
La questione, almeno, era chiusa.