
Sono andata allo spettacolo di Firenza Guidi a Fucecchio invitata dal mio amico Walter che voleva che condividessi con lei un mio piccolo progetto.
In pratica avrei dovuto assistere alla rappresentazione per poter poi “rubare” uno, due minuti alla regista, alla fine della rappresentazione, prima dell’ultima replica.
Walter mi aveva parlato di Firenza Guidi come di un genio del teatro e in effetti, leggendo il suo curriculum, non ci sono dubbi che lo sia.
Sapere che fa grandi cose però non rende l’idea come assistere di persona alle grandi cose che fa.
Molte sono fatte all’estero. A Fucecchio però Firenza Guidi ogni anno propone Elan Frantoio, un laboratorio teatrale in cui mette in scena un suo soggetto con artisti provenienti da tutto il mondo per poi proporlo in tre serate, in cui continua a perfezionare lo spettacolo, al pubblico.
Quest’anno il soggetto era basato sul testo di Anthony Burgess A Clockwork Orange, Arancia Meccanica, del 1962, e sull’omonimo film di Stanley Kubrick, uscito dieci anni dopo.
Ricorderete la storia. Una banda di giovani annoiati cerca il brivido nell’Ultra violenza esprimendosi con un gergo giovanile molto particolare. Dopo una lunga serie di stupri e omicidi, il loro capo, Alex, si sottoporrà a un programma di rieducazione, la cura Ludovico.
La rilettura della Guidi, Clockwork, offre molti spunti originali.
Vado un po’ a caso.
Il ruolo delle donne, che sono vittime ma anche carnefici. Sarà una band femminile a uccidere lo Scrittore, riproponendo lo stesso comportamento dei maschi.
La rappresentazione. Arricchita da artisti circensi, fumi colorati, richiami a molteplici espressività e culture diverse, amplifica il messaggio (recitato anche nella lingua madre dei singoli attori) e allarga le potenzialità per piacere a diversi tipi di spettatori.
La scena. In movimento, con il pubblico che segue gli attori attraverso il parco Corsini e le zone intorno alla torre. Cambia la percezione dello spazio spettatore-attore, facendo entrare il pubblico nella scena e viceversa.
Il messaggio. Guidi mutua da Burgess e da Kubrick la riflessione che intende stimolare.
“Un essere umano che sceglie il male, si chiede il “drugo” Alex, è forse in qualche modo migliore di un essere umano a cui è stato imposto il bene?
Con Alex ci chiediamo: è meglio scegliere il male o fare il bene perché imposto dalla società? Perché alla fine è questo il meccanismo, il Clockwork, che investe i personaggi, pedine di un gioco violento e micidiale creato da autorità, da potenti che stanno più in alto che ridono e si fanno beffe di tutti loro.
Qual è la vera libertà di scelta, come salvare il libero arbitrio?”
Dopo la meraviglia e lo stupore suscitati dalla rappresentazione, in cui decine di artisti ballano e cantano, esibendosi in numeri acrobatici al cerchio o sospesi nel vuoto, rimane questo spunto su cui, accantonata la visione dei corpi atletici, dei costumi ispirati a Kubrick, con un pizzico di The Rocky Horror Picture Show, accantonate le musiche che sottolineano la rappresentazione, accantonata la freschezza degli attori e la loro energia, accantonata la passione della regista che guida il pubblico attento e divertito attraverso i meandri del parco fucecchiese, accantonato tutto questo, rimane appunto il messaggio su cui riflettere e trarre, in modo meno netto possibile (perché si sa, il bene e il male non sono temi da scartare come un pacchetto di patatine), le nostre conclusioni.
(E sì, alla fine ce l’ho fatta anche a “rubare” quel minuto)
1 settembre 2019